3-8 Settembre 1943: I giorni che decisero le sorti dell’Italia

75 anni fa, in una condizione drammatica e a seguito di una lacerazione istituzionale senza precedenti, si consumò il destino della nazione

I cambiamenti soggiunti una volta che i fatti avevano appurato l’inequivocabile sconfitta della guerra, fecero peggiorare progressivamente le cose, specie per la popolazione. Ad inizio settembre del 1943, l’Italia visse alcuni tra i giorni più drammatici della sua storia unitaria recente. Non fu solo lo spargimento di sangue – avvenuto in diversi angoli del pianeta e non solo in Europa – a gettare la nazione nel caos e in una condizione di stenti inenarrabile, ma anche (e soprattutto) la lacerazione istituzionale che seguì e che investì i maggiori centri di potere politici, militari e religiosi. La prima conseguenza fu, al momento, la fine delle garanzie e dei diritti fondamentali dei cittadini (già inibiti per gran parte dalla dittatura di regime).

Si diceva della scissione dei poteri avvenuta in Italia nel settembre 1943. Come sappiamo, l’evoluzione storico-politica che determinò la firma dell’Armistizio, avvenuta a Cassibile nel pomeriggio del 3 settembre 1943, diede luogo a una fase nuova, e forse ancor più cruenta del conflitto stesso. Le trattative con gli Alleati intavolate dalla delegazione italiana tramite la persona di Badoglio, segretissime, giunsero a stabilire una pace separata senza dare spazio ad alternative: quella che venne firmata fu a tutti gli effetti una resa senza condizioni. Reso noto pubblicamente solo l’8 settembre con un messaggio radiofonico e solo dopo lo sbarco a Salerno di nuovi contingenti anglo-americani, detto Armistizio generò nel paese uno spaventoso caos. Mentre il re fuggiva a Brindisi e Pio XII rimaneva l’unica autorità riconosciuta a presenziare a Roma malgrado gli scontri e i rischi comportati dai bombardamenti, i tedeschi procedettero alla totale occupazione dell’Italia Centro-Settentrionale rendendo ciò che rimaneva del vecchio regime fascista solo un soggetto politico fantoccio.

Con centinaia di migliaia di soldati italiani allo sbando e la deportazione di gran parte di essi, si stava finendo di consumare la tragedia iniziata 4 anni prima a seguito delle aggressioni militari compiute dall’Asse. “Spezzata” politicamente in due tronconi e caratterizzata dalla presenza di due entità politico-militari distinte, la penisola si trasformò in un grande campo di battaglia in cui a scontrarsi non furono solo gli eserciti stranieri, ma anche gli stessi italiani, che si resero autori di una guerra civile intestina destinata a durare sino alla primavera del ’45. Stabilita la pace, la quale generò in Italia un diffuso bisogno di cambiamento – concretizzatosi con la proclamazione della Repubblica (3 giugno 1946) – iniziò la lenta ricostruzione.

Sul piano morale e psicologico, il secondo conflitto mondiale aveva creato una diversa dimensione all’orrore per le guerre, e non solo per i danni materiali causati (50 milioni di caduti, cifra ancora oggi, in pieno 2018, provvisoria). Le armi usate, molto più moderne, così come le carestie e l’indiscriminata violazione di ogni legge umanitaria, suscitarono nuove consapevolezze nelle coscienze collettive imponendo la necessità di intraprendere un nuovo corso. Ma non sempre – e vale per chi ancora oggi rimpiange un periodo buio quasi secolare, un tempo di distruzioni e vessazioni – il numero dei caduti e del disfacimento provocati dal conflitto 1939-1945 hanno fatto breccia nella sensibilità dei nostalgici, specie quelli degli anni Duemila. Qui ci limiteremo a riportare cifre che riguardano l’Italia, senza scomodare le statistiche – ugualmente dolorose – relative ad altre nazioni e quelle inerenti alla distruzione perpetrata dalle 2 atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Gli italiani caduti durante la seconda guerra mondiale, tra soldati, civili, deportati e dispersi, furono circa 500.000; i numeri e gli studi compiuti sono mutati nel tempo in relazione al reperimento di nuovi carteggi e nuovi fondi, resi fruibili dalle autorità di ogni singolo paese. A tutt’oggi, i suddetti dati non sono ancora definitivi.