La Voce del Popolo | La ricerca della Verità.

Jacques Maritain e Raïssa Oumançoff sono oggi ricordati come testimoni instancabili della bellezza e della gioia della vita cristiana. Raïssa, in particolare, ha insegnato come portare “la contemplazione per le strade”.

Pensare Dio. Conoscerlo, incontrarlo e amarlo anche con l’intelligenza, il ra- gionamento, lo studio, la curiosità intellettuale, pena la disperazione, il non senso, la sconfitta della vita, il suicidio. Questo il rischio che hanno corso i giovani sposi Jacques Maritain e Raïssa Oumançoff (1883-1960), studenti presso la Sorbonne di Parigi e oggi ricordati come testimoni instancabili della bellezza e della gioia della vita cristiana, abbracciata anche dall’intelletto. 

È Raissa a raccontare l’esito insperato della sua ricerca della Verità: “Avida del vero sapere, non sapevo dove trovarlo. A dodici anni lo situavo nella medicina; a diciotto nelle scienze; a venti nella metafisica; a ventidue nella teologia. Adesso so che si trova proprio là (nel tesoro della fede), e che la santità, quando vi si aggiunge, lo accresce infinitamente”. 

La lettura del Catechismo spirituale di padre Surin e l’incontro con un “profeta”, il romanziere Léon Bloy, “l’im- mensità di quell’anima credente”, convincono la giovane coppia a chiedere e ricevere il Battesimo: “Una pace immensa discese in noi, portando in sé il tesoro della fede. Non vi erano più problemi, più angoscia, più prove, non vi era che l’infinita risposta di Dio”. È sull’anima di lei che possiamo affacciarci, lasciando che le parole  affidate alle pagine intime del diario illuminino la sua vita, trascorsa condividendo con il marito e la sorella la passione per lo studio, il lavoro, la carità

e la preghiera: “Dobbiamo essere come religiosi di un Ordine speciale, la cui regola contempla la vita nel mondo, la contemplazione nel mondo”. 

Il piccolo cenacolo ha un orario preciso: “La sera cantiamo, l’uno dopo l’altro, un’infinità di cantici”. Spesso ammalata, Raissa intuisce la possibilità di vivere la passione di Cristo nel suo corpo: “La Passione, essendo di Dio, è raccolta per sempre nell’eterno. Ciò che le manca è lo sviluppo nel tempo. Gesù non ha sofferto che per un certo tempo. Non può Lui stesso sviluppare la sua Passione e la sua morte nel tempo. Coloro che consentono a lasciarsi penetrare da lui fino a una perfetta assimilazione, compiono per la durata del tempo quello che manca alla sua Passione. Quelli che consentono a diventare la carne della sua carne. Unione tremenda, in cui l’amore non è soltanto forte come la morte, ma comincia con l’essere una morte, e mille morti”. 

Parole forti, da cui trapela l’esperienza mistica di una donna decisa a portare “la contemplazione per le strade”. Per questo apre le porte della sua casa ai Circoli di studi tomisti, di cui lei, “l’intelligenza illuminata dalla fede”, nota Jacques, “era la fiamma ardente, animata dal folle amore della verità che bruciava in lei”.

 

Raffaella Falco

Suora Operaia della Santa Casa di Nazareth

 

Fonte: La Voce del Popolo – 16 aprile 2024.

[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]