Intransigenza, uno stile di autenticità: i Popolari ne devono fare tesoro per pensare il futuro.

In questo deserto politico e ideale risuonano nella testa gli ammonimenti di Luigi Granelli, quando rifletteva sul modus vivendi del cattolico democratico. Ossia, sulla capacità ed il coraggio di saper andare sempre controcorrente, di non arrendersi mai di fronte alle difficoltà. 

Paolo Frascatore

Una battaglia democratica contro la politica di questa destra al potere, del suo neo presidenzialismo che riprende vigore, non può non essere condivisa. Ma l’intervista di Pierluigi Castagnetti (presidente dell’Associazione “I Popolari”) pubblicata su “Avvenire” venerdì 10 marzo u. s. sembra quasi il preludio alla resa definitiva da parte di un pensiero politico ancora di alto profilo e, soprattutto, straordinariamente attuale se confrontato con le riflessioni di papa Francesco.

Non per essere aggressivo e, tanto meno, irriverente, ma credo che il paragone tra il Partito democratico degli Stati Uniti d’America con quello nostrano sia del tutto fuori luogo, o meglio esplicita una sorta di inconsistenza ideale e programmatica. I popolari sono altra cosa dall’esperienza del Partito democratico americano; così come sono altra cosa dalle riflessioni e dalle prese di posizione della neo segretaria Elly Schlein. L’uno e l’altra mettono ai margini della società la persona umana per una politica di massificazione che non vuol dire altro se non l’esaltazione dei nuovi capitalismi e delle nuove élite ai vertici del potere economico e politico.

Eppure un dato sembra non preoccupare Castagnetti e tutto l’insieme dei Partiti presenti oggi in Parlamento: l’aumento costante e continuo degli elettori che decidono di non andare a votare. È solo un dato irrisorio, oppure è una chiara manifestazione sia del rifiuto di questa politica e di questi partiti con i dirigenti collegati, sia una avversione a questa concezione della democrazia sempre più elitaria e sempre più distante dal cittadino comune, dall’uomo della strada che non vede margini di riscatto per sé e per la sua famiglia al di fuori del proprio lavoro mal pagato ed usurante?

Una riflessione politica seria non può che partire da queste domande. Non sono il concessionario di patenti riferite al “popolarismo”, ma certo in questo deserto politico e ideale risuonano nella testa gli ammonimenti di Luigi Granelli, quando rifletteva sul modus vivendi del cattolico democratico. Ossia, sulla capacità ed il coraggio di saper andare sempre controcorrente, di non arrendersi mai di fronte alle difficoltà, ma soprattutto di non snaturare un pensiero politico e sociale per il semplice arrivismo, per l’uso del potere a fini personali.

Questo Pd, purtroppo, non è in grado di rappresentare in maniera adeguata e degna i ceti popolari; vive e si alimenta con la gestione del potere e dei suoi residuati; è lontano da quella concezione umana e cristiana secondo la quale viene prima la persona umana e poi il lavoro ed il profitto. Anche il documento del “Comitato dei 58”, votato qualche giorno addietro all’unanimità (la sola eccezione è di Lucio D’Ubaldo che si è astenuto sulla parte finale) appare come un tentativo ibrido, senza quella sana intransigenza (tanto cara a Luigi Granelli) rispetto all’attuale situazione politica, che i tempi richiederebbero. I Popolari non sono un’Associazione di ex combattenti e reduci di guerra, ma una cultura politica da riprendere e da diffondere oggi nella società italiana per un nuovo protagonismo della persona, contro le élite politiche ed economiche.