Maria Fida Moro e l’impegno politico come ricerca della verità

Roma, 7 feb. (askanews) – Primogenita tra i quattro figli del leader della Dc Aldo Moro, senatrice nella decima legislatura, da sempre impegnata nella ricerca della verità sulla morte del padre, ucciso dalle Br, Maria Fida Moro è scomparsa oggi a Roma all’età di 77 anni. Ha raccontato la sua vita, segnata dal rapimento e dall’omicidio del padre, nel libro, uscito nel 1982, “La casa dei cento Natali”.

Il suo impegno diretto in politica iniziò con l’elezione al Senato, in Puglia, nelle liste della Democrazia cristiana nel 1987, ma è proseguito tutta la vita, candidandosi più volte – come alle Europee nel 1999 con la lista di Lamberto Dini ma pure in anni recenti, nel 2016, con una lista centrista alle comunali a Roma, a sostegno di Roberto Giachetti – ma anche continuando a girare l’Italia e a incontrare giovani per tenere viva la memoria e la lezione di Moro. Insieme al ricordo una domanda di verità su quegli anni rimasta inascoltata: “Se papà tornasse vivo lo ucciderebbero ancora”, disse.

Abbandonata dopo pochi anni la Dc passò nel 1990, come indipendente, al gruppo di Rifondazione comunista, per finire nel gruppo misto e avvicinarsi negli anni Duemila ai Radicali e successivamente ad An. A spiegare la sua inquieta militanza politica le sue stesse parole: “Tornerò a militare nell’unico partito che sento di riconoscere completamente: la mia coscienza”.

Suo figlio, Luca, è il nipote più volte citato da Aldo Moro nelle lettere che scrisse durante i 55 giorni nel carcere brigatista. Al bimbo, che allora aveva poco più che due anni e che ha assistito la madre fino all’ultimo, lo statista democristiano rivolse parole dolcissime: “Mio carissimo Luca non so chi e quando ti leggerà, spiegando qualche cosa, la lettera che ti manda quello che tu chiamavi il tuo nonnetto”.