Caro presidente, ti scriviamo… Lettera di Comunità di Connessioni al futuro Presidente della Repubblica.

 

Volentieri presentiamo qui un ampio stralcio dì questo editoriale scritto a più mani. Parte dallidea che ha avuto LEspresso che nel numero 1 del 2022 ha chiesto ad alcune firme una Lettera al Capo dello Stato che verrà”. A partire dal pezzo di Francesco Occhetta, pubblicato da LEspresso, anche gli appartenenti a “Comunità dì Connessioni” hanno voluto contribuire con tale sinfonia di voci e di competenze.

 

 

Comunità dì Connessioni

 

Caro/a Presidente,
attraverso tre parole cerco di esprimerle l’augurio e le attese per il suo prossimo mandato. Anzitutto la parola dignità. Non si stanchi di difenderla e di amarla, è il valore madre della nostra Costituzione definita dai princìpi dei primi dodici articoli come “inviolabile”. Il potere politico è chiamato a custodirla, lo Stato a servirla, il Presidente a difenderla. Il servizio più nobile di un Presidente in una democrazia è prestare la voce a chi non ce l’ha, incluso i non-cittadini. Le violazioni della dignità sono ancora molte: abusi, violenze, lavori umilianti, criminalità, femminicidi, cyberbullismo e poi i gesti e le parole ostili contro gli immigrati, i poveri, le donne, i disabili, contro chi è diverso. Ce lo ricordi: chi nega i diritti degli altri, prima o poi finisce per perderli anche lui. Lo ricordava ai suoi allievi Kant: «Ci sono cose che hanno un prezzo, altre che hanno una dignità». Me lo insegnano i miei studenti che provengono da Paesi in guerra. Per l’umanesimo italiano la dignità non è “qualcosa” che ha un prezzo, ma è “qualcuno” che ha valore e merita rispetto.

La seconda parola è “riforme”. Per farle occorre un direttore d’orchestra come Pappano al Parco della musica o Muti alla Scala, altrimenti rimangono tanti primi violini che suonano tutti con tonalità diverse. L’idea di Nazione, il ruolo del Parlamento, gli organi di garanzia, la pubblica amministrazione, i partiti e la concezione del lavoro fordista sono implosi come i ponti quando mancano di manutenzione. La democrazia liberale sta lasciando posto ad altre forme democratiche che includo la Rete. Per giungere alla riva della transizione ecologica e digitale serve una voce mite, enzima delle riforme. L’atleta guarda all’allenatore, l’allievo al maestro, il credente al proprio leader religioso. Ma tutti guardano al Presidente come “capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale”. In un Pese anziano e sterile di figli, le riforme si potranno fondare solo su una laicità che non sottragga le identità – per esempio augurarsi buon Natale – e includa le diversità culturali.

La terza parola è “resilienza”, la capacità di resistere agli urti della storia. I giovani che accompagno mi hanno chiesto di suggerirgliela. È la condizione per garantire sostenibilità e circolarità dei processi produttivi, interdipendenza e connessioni sociali. I giovani cercano un Presidente testimone di “alleanza” per superare le dicotomie del Novecento tra imprenditori e lavoratori, parti sociali e governo, giovani e anziani, ricchi e poveri, credenti e non credenti.

Per i suoi predecessori l’azione politica è stata un’esperienza di prossimità, nell’al-di-là del proprio orizzonte personale. Lo spirito costituente è stato resiliente ma per rigenerarlo nel nuovo spazio geopolitico occorre nutrirlo di una presidenza che garantisca i vaccini della fraternità e dell’amicizia sociale come chiede Francesco. Vivrà nel Palazzo del Quirinale abitato nella sua storia da 30 papi, quattro re e da 12 presidenti della Repubblica. Mi rimane di augurarle ciò che i gesuiti insegnano ai leader politici che accompagnano lungo la storia, essere contemplativus in actione, in cui l’azione fluisce dalla contemplazione che capovolge il potere in servizio.

Francesco Occhetta

 

Caro Presidente,
per questo suo mandato Le affido, in particolare, i carcerati e le vittime di ingiustizia. Li custodisca perché la società e la politica sappiano rispettarne i diritti e i bisogni. Che lo sguardo vigile del Presidente della Repubblica vegli sia sulle nostre carceri che sulle famiglie provate dall’ingiustizia, affinché sia data a tutti la possibilità concreta di lasciare da parte l’idea di una giustizia come vendetta, per aprirsi invece alla cultura della giustizia come riparazione e cura.

Francesca Carenzi

 

Caro Presidente,
nel mondo del lavoro, lalleanza tra imprenditori, sindacati e lavoratori, comincia a prendere il posto del conflitto, tipico della società capitalistica. Lo dimostra l’attuale smart working, grazie a cui gli imprenditori hanno ceduto margini di fiducia ai lavoratori e questi si sono responsabilizzati verso gli obiettivi di produttività. Con risultati straordinari per entrambi. È chiaro che solo l’alleanza può vincere sfide come quelle della pandemia. Occorre un ulteriore passo in avanti, i tempi sono maturi per un Testo Unico della Partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. L’architettura è quella che, più di 70 anni fa, ha disegnato l’articolo 46 della Costituzione.

Ciro Cafiero

 

Caro Presidente,
rappresenti con forza il valore della credibilità, soprattutto per i giovani perché possano ricominciare così ad avere fiducia nelle istituzioni. Una credibilità fatta di volti e policies, per dimostrare che è possibile abbattere le disuguaglianze e tutelare i più fragili. In particolare, le donne hanno bisogno di un Paese che lotti per abbattere le barriere che non permettono pari opportunità per pari capacità. Non occorrono risposte facili, ma volti, sostegni concreti e politiche credibili che abbattano i pregiudizi, valorizzando il di “più” offerto dalla diversità e unicità femminile, facendole emergere come risorse vitali della ripartenza.

Alessandra Luna Navarro

 

Caro Presidente,
lavoro nelle Istituzioni e sento di chiederle di realizzare tre desideri. Fiducia. Lo Stato è divenuto per molti il nemico da abbattere. Rinnovi nei cittadini la fiducia in chi opera nelle Istituzioni. Unità. Sia garante del bene comune, quale collante morale delle Istituzioni centrali e locali. Pensiero istituente. Sia promotore di una “prassi istituente” per creare nuovi organi e rivitalizzare le istituzioni stesse.

Fabrizio Urbani Neri

 

Caro Presidente,
tra i suoi predecessori, Luigi Einaudi riassumeva con tre semplici verbi – semplici solo in apparenza – l’azione del Presidente: insegnare, incoraggiare e, infine, avvertire. Rivolgo estrema fiducia nella sua figura affinché possa essere portavoce dell’interesse comune e coltivare la cultura della mediazione, mettendo al centro la persona e la dignità umana, anche grazie all’impegno e al supporto di sempre più donne e uomini di buona volontà. La comunità ha bisogno di riconoscere nuova fiducia tanto nelle Istituzioni quanto nella politica per essere inclusiva e responsabile

Laura Lizzi

 

Caro Presidente,
nel farle il mio augurio di buon lavoro e buon cammino per il suo mandato, le chiedo di essere sempre vigile sul destino delle nuove generazioni e di riportare costantemente l’attenzione della politica e degli organi istituzionali al futuro dei giovani, perché possano godere di un percorso lavorativo che non li denigri ma che li valorizzi e perché possano formarsi ed istruirsi al meglio per costruire insieme il paese e lEuropa, nostra casa e destino comune.

Tommaso Galeotto

 

Caro Presidente,
all’ Assemblea costituente, l’on. Umberto Tupini, parlando della centralità del Parlamento disse: «è illusione pensare che un regime democratico possa funzionare senza i partiti politici». Dobbiamo praticare questa raccomandazione: dare centralità alla Politica attraverso i partiti, che sappiano di popolo e formino classe dirigente. A lei, affido l’art. 49 della Costituzione, una funzione “pedagogica” al nostro sistema politico e i partiti, quindi, la democrazia.

Matteo Marcaccio

 

Caro Presidente,
non può mancare nello sguardo profondo che dovrà guidare il prossimo settennato un impegno per le nuove generazioni. Per le giovani donne nel cammino verso l’uguaglianza sostanziale, nel lavoro, in politica e nei ruoli manageriali apicali, che il loro capitale umano possa emergere come energia vibrante per la Nazione. Per i giovani alla ricerca del lavoro, che il nostro Paese possa diventare una terra di opportunità e sogni da realizzare. Ma soprattutto che la politica possa tornare a donare il coraggio di avere “visione”, come quella di un architetto futurista che immagina la propria costruzione.

Rosalba Famà

 

Caro Presidente,
siamo abituati ad ascoltare notizie che arrivano dall’Italia e del mondo, che ci ripetono quanto sia faticoso vivere. Eppure, dovremmo ricordarci dell’esistenza della Bellezza. Per me la bellezza è scoprire nuove città, conoscere nuove culture. Bellezza è vedere un genitore che spiega un’opera d’arte al proprio bambino. Bellezza è salvare vite e accogliere chi è in difficoltà. Soltanto evocando la bellezza, possiamo rendere bello ciò che ci circonda. Con l’augurio che possa cercare, trovare e farci riscoprire la Bellezza nel suo mandato, nel nostro Paese, nei nostri concittadini.

Martina Raia

 

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