Perché De Mita invita a Nusco vecchi e nuovi amici, dopo il suo ritorno, per un altro mandato, alla guida del Comune irpino? La locandina che annuncia la riunione di domani, lunedì 1 luglio, non lo spiega. Stavolta il messaggio nasconde nelle pieghe della sobrietà il contenuto politico dell’iniziativa.
Si preannuncia un’occasione di verifica, anzitutto in ambito locale, ma con l’occhio rivolto al Paese.

Se la risposta degli irpini fosse fiacca, De Mita intende trarne le conseguenze. Cadrebbe il sipario sulla scena del possibile rilancio del cattolicesimo politico. Al contrario, se venisse un’adesione più convinta, tale da supporre l’esistenza di una volontà o almeno di un’aspettativa dal timbro sufficientemente forte, allora l’anziano leader della Dc si disporrebbe a fare propria questa rinnovata urgenza di partecipazione del “mondo popolare”.

Pertanto, la cautela della vigilia non deve confondere il giudizio degli osservatori. Cova sotto le ceneri della memoria il noto “ragionamento” demitiano sulla crisi del potere. Che non desiste, potremmo dire, dal provocare ed insistere; che cerca in ogni caso di estrapolare dalla politica imbarbarita del pentaleghismo le ragioni di un riscatto come leva dell’alternativa; che si traduce nel tentativo di portare – il ragionamento – oltre i confini della rassegnazione e dell’opportunismo.

L’Italia è scivolata nella palude di quel “sovranismo psichico” che il Censis ha registrato, mesi fa, nel suo tradizionale Rapporto di fine d’anno. Troppe inadempienze consentono a un governo rabberciato, privo di un autentico criterio direttivo, di sopravvivere a se stesso. Probabilmente De Mita non indugerà nel discorso sul “Pd che non basta”, se non altro perché ne riteneva scontata la validità anche nei giorni dell’onnipotenza renziana. Sarà dunque interessante, a Nusco, capire con quale suggestione avverrà il revamping della dialettica sul ruolo trainante del popolarismo, anche dinanzi alle fragilità della sinistra democratica.

Con De Mita, di regola, non ci si annoia.