Il Centro: “che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”

La scelta dell’autonomia dei popolari sturziani fu un grande atto di lealtà verso il resto degli italiani e un Centro rinnovato

Il Centro, direbbe il Metastasio, è come l’Araba Fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”.

Un tema cruciale soprattutto per quei cattolici interessati ad un impegno nella cosa pubblica che non può assolutamente eludere il coinvolgimento nella politica e nelle istituzioni.

Anche Cristian Coriolano è appena intervenuto su Il Domani d’Italia  arricchendo la discussione con un’ottima diagnosi sulla mancanza del  Centro.

C’è da chiedersi, però, se il rischio non sia quello di sbagliare il successivo protocollo terapeutico indugiando attorno …  all’arto sbagliato: il Pd.

Questo Pd di Nicola Zingaretti, ma anche le sue versioni precedenti lo hanno abbondantemente dimostrato,  appare in larga parte inadeguato su questo versante. Non sembra fisiologicamente in grado di concepire, elaborare, maturare il concetto di Centro.

Su quali basi, dunque, è possibile accarezzare l’idea di un processo di ristrutturazione dell’attuale sinistra in cui si possa inserire una “ porzione” di Centro?

Intanto, dobbiamo costatare  di quanto sia mutato il quadro complessivo rispetto alla Prima ed alla Seconda Repubblica. Quando ancora la politica poteva essere affrontata sulla base di concetti collegati ad una logica di mera collocazione negli schieramenti. Questioni ideologiche, meta politiche, allora, potevano giustificare le scelte di campo e le tendenze elettorali.

Dal bipolarismo più o meno perfetto degli ultimi 25 anni, si è passati ad una realtà penta polare asimmetrica la cui componente più cospicua è quella rappresentata dal primo partito d’Italia: gli astenuti.

Chissà che gran parte di un potenziale Centro non si trovi in larga parte proprio là,  ed è là raccolto per motivi psicologici, culturali e, persino, di stile ed abitudine nel rapportarsi con il mondo della nostra politica attuale.

La Lega e Fratelli d’Italia coprono lo schieramento di estrema destra.  Forza Italia quella di un centro destra rispetto a loro diverso. I Cinque Stelle si sono incamminati lungo una traiettoria abbastanza difficile da decifrare. Infine, il Pd che, sotto la guida di Nicola Zingaretti, potrebbe ulteriormente  accentuare la propensione a completare il processo di trasformazione in un partito radicale di massa.

Non darei troppo peso ai recenti risultati elettorali. Nel senso che in pochi giorni Nicola Zingaretti non può certo raddrizzare una situazione in cui il Pd è finito schiacciato a seguito di una sua lunga stagione di distacco dalle attese popolari, di una continua estraniazione dai ceti produttivi e dal mondo del lavoro, di un prolungato, assoluto disinteresse nei confronti dei gruppi intermedi e delle categorie economiche e sociali. Quell’insieme  di entità concrete e razionali, ma anche “ prepolitiche”, funzionali nel periodo dell’alternanza con il “ berlusconismo” alla costituzione di un blocco elettorale, peraltro favorito da un sistema improntato ad un bipolarismo quasi perfetto.

Troppa acqua, però, è passata sotto i ponti. Il quadro politico si è scomposto al punto di fornirci un governo che, prima del 4 marzo dell’anno scorso, sarebbe apparso del tutto improponibile ed inatteso.

La situazione è tale che, al momento, non è possibile prevedere una ricomposizione d’impronta morotea, cioè in grado di assicurare la ripartenza ad un livello superiore di un nuovo e diverso processo più organico e più coerente.

E’ chiaro che gli ultimi 25 anni sono stati segnati da una mancanza del cosiddetto Centro, cioè di un insieme di convergenze e di prospettive attorno cui gli interessi vitali del Paese potessero far valere in maniera stabile e duratura il loro peso e la loro determinazione costruttiva.

Basta, allora, proporsi astrattamente come Centro? Sulla base di che cosa? O si rischia solo di ritornare alla politica intesa come mera alchimia rarefatta e del tutto avulsa dalle dinamiche concrete della società, dell’economia, della realtà civile e culturale di una popolazione?

Le condizioni di Forza Italia, sulla destra, confermano la portata di questi quesiti. Evidentemente, non basta proporre un centrodestra diverso, oppure un centrosinistra diverso,  se manca qualunque progetto organico, capace di prospettare una ricomposizione sociale, ridare fiato e sostanza ai ceti produttivi, elaborare un percorso lungo il quale si riesca a ristrutturare il Paese sempre più carente con le sue Istituzioni, la sua Giustizia, oltre che deficitario nel comprendere la  portata dell’innovazione e della definizione dei nuovi equilibri in atto nel mondo.

Il Centro non si ricrea restando nella sola dimensione dei giochi della politica. Bensì,  individuando le risposte concrete e possibili da dare all’incombenza della turbo finanza, alla mancata definizione del ruolo sociale del sistema bancario,  di quello dell’impresa e delle sue interne dinamiche e dialettiche con il lavoro. Il Centro lo si forma attorno alla possibilità effettiva di restituire all’economia reale forza e sostanza, rigenerando le relazioni pubbliche a tutti i livelli, restituendo al cittadino, anche nella sua essenza di soggetto fiscale e consumatore,  un ruolo nuovo, affrontando decisamente il problema storico delle disparità sociali e geografiche.

Proprio il contrario di quanto è stato fatto negli anni passati dai governi a guida Pd. Così come da quelli del centrodestra, in cui sono stati molto spesso coinvolti la Lega e gli esponenti di Fratelli d’Italia.

E’ chiaro che l’ispirazione cristiana, e questi sono temi del tutto avulsi dalla riflessione in corso nel Pd, compreso tra quelle sue residuali componenti di ispirazione cristiana, non può far diventare secondaria le questioni della Persona, della Famiglia, dei temi eticamente sensibili attorno cui non va solo l’attenzione di chi è ispirato cristianamente.

I cattolici interessati alla politica, così, non possono che pensare ad un Centro del tutto diverso recuperando  e sposando senza indugi e tentennamenti l’autonomia. Una prospettiva ed una scelta politica che non significa chiusura agli altri, ma il rifiuto di una scelta di campo pregiudiziale. E’ bene che ce lo diciamo con chiarezza: non c’è alcuna forza politica o movimento che ci rappresenti.

Nessuno di esse, infatti, ha mostrato o mostra,  nel concreto, attenzione a quell’insieme di questioni che noi vediamo con molta chiarezza definite nel collegamento della Costituzione democratica con il Pensiero sociale della Chiesa.

Resta il problema di come costruire, allora, un Centro fatto di programmi e di proposte. In questo avendo chiaro il riferimento al metodo di pensiero e di azione politica indicato da don Luigi Sturzo.

Il Pd segua il proprio percorso. Tutti siamo consapevoli che ogni voce costituisca una ricchezza complessiva e, pertanto, nessuno auspica la scomparsa dell’altrui presenza. Ma questo non può voler dire rinunciare alla propria se tante ragioni cospirano perché ciascuno ritorni in campo con le proprie specificità e caratteristiche.

La scelta dell’autonomia dei popolari sturziani fu un grande atto di lealtà verso il resto degli italiani e un Centro rinnovato, costruttivo e propositivo non può prescindere dal dovere della chiarezza nei confronti di tutti gli altri soggetti che concorrono alla dialettica e al “ gioco” della politica.