Il Governo ha scelto un’applicazione anti covid-19 che mortifica il prestigio dell’Italia.

Sui media, per altro, passa un messaggio che nella immediata percezione del pubblico corrisponde a un’iniziativa promossa ed assunta in accordo con l’Unione europea.

Ancora non è chiaro come il governo abbia individuato la Bending Spoons tra le 319 società, piccole e grandi, che nei giorni scorsi hanno risposto all’appello, lanciato appunto dal Ministero dell’Innovazione, per mettere a disposizione una tecnologia in grado di realizzare, su basi volontarie, il tracciamento della popolazione ai fini della lotta alla pandemia.  

Dopo aver messo fin da subito i puntini sulle i (vedi articolo precedente), siamo perciò costretti a ritornare sull’argomento.  Ieri è stato “Il Foglio” a sollevare un interrogativo molto stringente sulle procedure adottate dalla titolare del dicastero. “La ministra ha fatto la sua scelta, ma non sappiamo in base a quali criteri. Siamo sicuri che siano i criteri migliori, e per questo le chiediamo di pubblicare il report finale che le sarà senz’altro presentato dalla sua task force. Sarebbe un gesto di trasparenza e di normalità: in tutti i paesi del mondo le commissioni di esperti producono documenti e libri bianchi per aiutare il pubblico e i media. Ai 74 della task force, invece, la ministra ha fatto firmare un non disclosure agreement (accordo di riservatezza, ndr)”.

Sui media, per altro, passa un messaggio che nella immediata percezione del pubblico corrisponde a un’iniziativa promossa ed assunta in accordo con l’Unione europea. Il fatto è che la Bending Spoons ha costruito un’app (Immuni) doverosamente rispettosa delle prescrizioni europee sulla privacy. Tutto qui. Non si sa, invece, se la medesima società abbia aderito alla call della Commissione Innovazione e ricerca della Ue, sempre in funzione di soluzioni tecnologiche anti covid-19, per la quale si prevede a maggio la selezione delle “mille idee” presentate.

Piuttosto è vero che la Bending Spoons fa parte (unica società italiana) di un consorzio non profit (PEPP-PT) appena costituito, con sede legale in Svizzera, il cui manifesto anti pandemia attesta il suo essere “un’iniziativa internazionale tesa a fornire standard tecnici, meccanismi e servizi che creano interoperabilità con implementazioni locali”. Poi si legge ancora: “L’iniziativa PEPP-PT è finanziata attraverso donazioni e ha adottato gli standard dell’OMS per tali finanziamenti al fine di evitare qualsiasi influenza esterna”. Indubbiamente un’iniziativa che merita rispetto.

Tuttavia, pur con il rispetto dovuto, amareggia constatare che nel consorzio svizzero si trovi Vodafone e non Tim, come pure diverse università e centri di ricerca prevalentemente di nazionalità tedesca a fronte dell’assenza di analoghe istituzioni italiane. A riprova di uno sbilanciamento a dir poco imbarazzante, va anche sottolineato che la Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing (PEPP-PT) dichiara di avere come suo supporter la Fondazione Botnar, a sua volta avente sede a Basilea.  In pratica, il governo ha dato mostra di accogliere le indicazioni della sua task force senza preoccuparsi di verificare se ciò non abbia a compromettere, nell’impatto con la raffigurazione e la consistenza del suddetto consorzio svizzero, il prestigio del Paese. Il buon senso, agli antipodi comunque della retorica sovranista, avrebbe consigliato un approccio meno scriteriato.