Le divergenze tra Castagnetti e Fioroni: dove vogliono andare i cattolici democratici e popolari?

Hanno ragione entrambi, per motivi diversi e convergenti. Fioroni è stato intempestivo, Castagnetti s’è dimostrato realista. Chi resta nel Pd ha tuttavia il dovere di non restringere l’impegno dei cattolici a quella dimensione, già restrittiva agli inizi del Novecento, di “actio benefica in populum”.

Nino Labate 

Le divergenze di opinioni e le apparentemente diverse scelte che hanno compiuto in questi giorni Castagnetti e Fioroni, hanno creato un interessante dibattito e per giunta hanno fatto notizia. Sono servite soprattutto a svegliare  quel “piccolo mondo antico” che ancora rimane della storia del cattolicesimo democratico e popolare  italiano. Il dissenso è stato però curioso. Soprattutto perché ha riguardato due amici di vecchia data, con alle spalle una identica formazione di base e con la stessa appartenenza a certi filoni culturali democristiani avanzati e progressisti: poi del Partito popolare, poi della Margherita, e infine del Pd. 

Devo dire che la scelta di Fioroni mi è sembrata giusta, manello stesso tempo precipitosa. Aggiungo che Fioroni ha elegantemente polemizzato sulla stessa questione anche con Rosy Bindi, allorché ha citato Aldo Moro per evidenziarne il “non appagamento” celato dietro la “irrequietezza” tipica di tutta la sinistra democristiana. La scelta di Fioroni mi è sembrata giusta perché tutta giocata sul profilo individuale e la storia della nuova segretaria di quel Pd che anche lui ha fondato; precipitosa perché ha sottovalutato – a riguardo della svolta radicale di EllySchilein – il ruolo che poteva e può svolgere la componente cattolico democratica e popolare all’interno del Pd.

È indispensabile infatti confrontarsi direttamente, non sui giornali o le televisioni, sulle cose da fare. E senza mai dimenticare il significato di “compromesso” lasciatoci in eredità proprio da Aldo Moro, il cui nome mi ha sollecitato altri e più sostanziosi ricordi pieni zeppi di futuro, e che secondo il mio parere esprimono molto bene l’idea  di amico/nemico che circolava nella sua mente. Mi riferisco al suo ultimo discorso di Benevento del 18 novembre 1977. Quando sostenne a chiare lettere che una alleanza tra Pci e Dc sarebbe stata utile ad entrambi i partiti: “…quale che sia la posizione nella quale ci si confronta, qualche cosa rimane di noi negli altri, e degli altri in noi”. Aggiungendo, rivolto proprio ai comunisti: “…quello che voi siete noi abbiamo contribuito a farvi essere”. Non aggiungo altro!

Anche la scelta di Castagnetti la valuto giusta. In questo caso, una scelta non precipitosa ma realistica, e con gli occhi non deviati dal dito del presente (o del passato), bensì rivolti alla luna di quel futuro che sembra già, per l’urgenza dei tempi, alle nostre spalle. Scegliere di rimanere ben piantati al Nazareno, serve a frenare, a far prendere coscienza, a…”mediare” le temute scelte radicali della Schlein? Se tale è il proposito, come ritengo che sia, allora Castagnetti dà prova di lealtà e di coraggio. A patto che non ci si limiti a fare dei cattolici l’avamposto della pur onesta e necessaria difesa degli ultimi, quasi che il problema dei cattolici in politica – e specificamente nel Pd – si debba riproporre a distanza di oltre un secolo come semplice “actio benefica in populum”. 

Assistendo negli ultimi anni ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo, e mettendo insieme una infinità di segni dei (nuovi) tempi, ho spesso riportato l’utopia di un discorso di Bergoglio. Quella che tra Covid, guerre, clima, emigrazioni, intelligenza artificiale, robot, disoccupazione, nuove e vecchie  povertà, e quant’altro, ci vede tutti amici e fratelli imbarcati sulla stessa ed unica barca per aiutarci tutti insieme, anziché su tante barchette separate, diverse e nemiche. E ho trasferito il suo significato religioso e prettamente teologico e cristiano ad una dimensione specificamente sociale e culturale, e quindi politica. Per questo ritengo meglio rimanere da fondatorisulla barca che abbiamo costruito, cercando di remare anche con le poche forze rimaste per raddrizzarne il percorso, allorquando e se, come si teme, il timoniere (la timoniera) si indirizzasse verso una sinistra tetragona e persino dogmatica, seppur con un lessico aggiornato. O quando dovesse esasperare il discorso sui diritti individuali,senza tener conto di doveri e responsabilità, mettendo a rischio l’impianto plurale del partito. 

Ecco, il canto del cigno dei cattolici popolari e dei cattolici democratici servirebbe – e prima che il cigno muoia – anche a questo.