Un sistema proporzionale avrebbe il vantaggio di far emergere le varie ricette politiche e programmatiche da un lato e, dall’altro, di dar voce al pluralismo politico e culturale presente nel nostro paese. Ciò non deve alimentare la frammentazione ma, al contrario, creare le condizioni per dar vista a maggioranze politiche e di governo basate sulla politica e non sul pallottoliere. 

Il lento, e speriamo irreversibile, tramonto del populismo di marca grillina dovrebbe coincidere con l’altrettanto lento ma progressivo ritorno della politica. E quindi della centralità dei partiti dopo una stagione di cartelli elettorali e partiti personali; delle culture politiche dopo l’azzeramento di tutti i riferimenti ideali e culturali; di una competente e qualificata classe dirigente dopo l’ideologia dell’uno vale uno e, in ultimo, di una cultura di governo dopo l’avventurismo della improvvisazione e della “fantasia al potere”. È del tutto evidente che il cambiamento della fase politica si trascina dietro anche, e possibilmente, un cambiamento dell’assetto politico. Perchè al di là dei sondaggi che continuano ad attribuire ai populisti dei 5 stelle un consenso che si aggira attorno ad un sempre più misterioso 13/15%, è di tutta evidenza che riproporre oggi alla pubblica opinione italiana una ricetta populista, giustizialista, manettara, demagogica e anti politica non è lontanamente pensabile dopo il fallimento di questi ultimi 4 anni di governo. 

Le mode, del resto, passano in fretta e dopo quella berlusconiana e quella leghista, anche quella populista volge al termine. Portando dietro di sè una somma di macerie e di malgoverno che sarà ricordato come una stagione politicamente fallimentare e culturalmente largamente deficitaria.

Ed è proprio in questo contesto che, parlando della politica di casa nostra, ad un cambiamento di quadro politico corrisponde anche un cambiamento di assetto politico. E quindi di regole elettorali. Anche se ben sappiamo – ed è una pessima prassi – che i sistemi elettorali vengono modificati di norma alla fine di ogni legislatura con l’obiettivo, neanche tanto nascosto, di favorire i partiti che la patrocinano, è abbastanza evidente che non si può non prendere in considerazione la necessità di avere un sistema elettorale di ispirazione proporzionale. E questo per una ragione persin troppo semplice da richiamare. Ovvero, di fronte a coalizioni ed alleanze che non esprimono più nulla se non la volontà di distruggere e annientare l’avversario/nemico, un sistema proporzionale avrebbe il vantaggio di far emergere le varie ricette politiche e programmatiche da un lato e, dall’altro, di dar voce al pluralismo politico e culturale presente nel nostro paese. 

Un sistema proporzionale che, come ovvio, non deve favorire ed incrementare la frammentazione ma, al contrario, creare le condizioni per dar vista a maggioranze politiche e di governo basate sulla politica e non sul pallottoliere come è capitato in questi ultimi anni di maldestro maggioritario. Per non parlare del trasformismo politico e dell’opportunismo parlamentare che hanno spadroneggiato in questi ultimi tempi caratterizzati dal decadimento politico e dall’inaridimento etico del nostro sistema politico. 

Un sistema proporzionale che, al di là delle sue modalità concrete – preferenza singola, preferenze multiple, collegi uninominali o liste bloccate – avrebbe l’indubbio merito di misurare concretamente il peso dei partiti e di evitare la formazione di coalizioni che si riducono ad essere semplici cartelli elettorali o a sommatorie del tutto virtuali incapaci di dispiegare un vero progetto di governo. Come l’esperienza ha platealmente confermato in questi ultimi anni ricchi solo di trasformismo e di opportunismo. Al punto che si è dovuto ricorrere nuovamente ai “tecnocrati” causa il fallimento della politica e dei suoi protagonisti, cioè i partiti.

Ecco perché, dunque, adesso è il momento del “coraggio della politica”, per dirla con Carlo Donat-Cattin. Un coraggio della politica che deve però ripartire dalle fondamenta, come si suol dire. Che, nello specifico, significa anche e soprattutto un sistema elettorale proporzionale. E una realtà politica e culturale come la nostra – ovvero la cultura cattolico popolare e cattolico sociale – non può che invocarla e supportarla con tutte le sue energie e le sue forze.