Una testimonianza, sul filo della commozione, che volentieri pubblichiamo.

Il rifiuto è il primo sentimento che provi quando questo maledetto virus bussa alla porta di casa tua. Poi ti assale la paura guardando in faccia la realtà. L’impotenza, infine, è ciò che divora i familiari.

Il 18 marzo scorso, io e la mia famiglia siamo stati travolti da questo turbinio intenso e devastante di emozioni. Armati di coraggio e speranza abbiamo lasciato mio padre, indebolito, nell’unico posto che poteva farlo tornare forte come è sempre stato.

Abbiamo riposto tutta la nostra fiducia nei medici e nel personale sanitario del Santa Maria Goretti di Latina, potendo alla fine riscontrare come essa sia stata felicemente ripagata.

Questo virus ti entra dentro e non sai quando si manifesterà nel modo più acuto. Dopo due giorni di ricovero, lo ha fatto. Avere un padre che lotta tra la vita e la morte e non poter far nulla per lui, nemmeno una carezza, credo sia una condanna che nemmeno Dante ha potuto immaginare per i tormenti del suo inferno.

Ma c’erano loro, i dottori. Come non ringraziare il dott. Romeo che dedicava e dedica ogni suo momento libero alle chiamate con i famigliari dei pazienti del reparto di terapia d’urgenza (diretto dal prof. Aiuti al quale vanno, egualmente, i nostri più sentiti ringraziamenti). Ha affrontato, insieme a tutta la sua equipe, questa situazione di acuta emergenza in modo assolutamente professionale.

Per chi fortunatamente non lo sa, il c-pap ti salva la vita, ma allo stesso tempo rappresenta una soluzione estrema. Il paziente è cosciente, avverte tutto, ma non può né parlare né ascoltare. Sono stati tanti i cartelloni che ho fatto per mio padre dove ho scritto a mo’ di supplica di non mollare. Era l’unico modo per comunicare.

Ed è qui che dobbiamo ringraziare Luca, Silvia, Antonio, Claudia e tutti gli altri infermieri e infermiere del medesimo reparto, che oltre a prendersi cura costantemente della salute di mio padre, lo accudivano anche psicologicamente con tanti gesti a suo conforto, mostrandogli cosa la famiglia voleva comunicargli. Sono loro che, sotto la guida dell’impeccabile caposala Natalina Budelli e delle altre colleghe, hanno fatto da filo conduttore tra il paziente e la famiglia. Hanno preso tutto il nostro amore e lo hanno portato a lui.

Vorremmo ringraziarli uno ad uno. Sono tanti, coraggiosi e pronti a fare il loro lavoro con passione. Loro sono gli “angeli” che hanno ridato vita a mio padre e tante altre persone. Ed è grazie a loro che oggi 28 aprile, il sentimento che proviamo è finalmente quello di felicità. Tutto il reparto, unito alla forza di mio padre, ha avuto la meglio sull’insidia mortale del virus.