Persona e società nella cultura dei cattolici democratici e popolari

La nuova sintesi fra una sinistra democratica e riformista e un centro popolare e plurale, appare tutt'altro che semplice da realizzare se non si fa chiarezza sulle questioni di fondo

Il test elettorale di fine maggio ha riconfermato una tendenza generale ormai nettamente delineata: la delusione generata dal populismo, che sfocia in un’astensione di circa la metà del corpo elettorale, e la polarizzazione destra-sinistra, che premia largamente la destra. Sono questi due trend che condizionano inevitabilmente il dibattito sul centro e sul ruolo dei Popolari per delle politiche di centro, riformiste soprattutto nel senso di risultare all’altezza delle sfide del cambio di epoca in corso.

In un tale contesto l’iniziativa dei Popolari deve partire dal presupposto che per poter esprimere una politica bisogna innanzitutto esserci. A tal fine l’attenzione crescente che nell’arcipelago del cattolicesimo democratico e sociale viene riservata alle idee e agli strumenti che permettono loro di essere veicolate, appare centrale. Si tratta innanzitutto di evidenziare i tratti di una cultura politica, quella ispirata al popolarismo, di definire una visione della società, della persona umana, del futuro, che scaturisce da questa peculiare prospettiva.

Nel contempo servono gli strumenti, le occasioni i luoghi per alimentare il dibattito che definisce la proposta di questa area culturale e politica. Uno di questi strumenti è sicuramente il giornale on line “Il Domani d’Italia”. Fondamentale è anche una rete organizzativa il più possibile capillare, e allo stesso tempo capace di ritrovarsi coesa sulle questioni qualificanti. Se il processo di riaggregazione dei Popolari prosegue in questo modo, oltre la frammentazione e i personalismi che si sono visti per anni, apparirà chiaro a tutti che quella popolare è una delle componenti irrinunciabili all’area di centro, e che come tale va riconosciuta.

Anche perché la nuova sintesi che molti auspicano, fra una sinistra democratica e riformista e un centro popolare e plurale, appare tutt’altro che semplice da realizzare mentre non si può escludere che una parte dell’attuale Pd possa avvicinarsi al centro. I margini di manovra appaiono stretti. Da un lato la sinistra attuale non pare affatto intenzionata discostarsi da un percorso che sembra aver mutuato da altri, facendo proprie discutibili campagne di stampa, martellanti e a senso unico, come quelle in favore della propaganda gender, del fondamentalismo green che lungi dall’esprimere una autentica coscienza ecologica integrale, non di rado usa l’ambiente come pretesto per politiche malthusiane e pauperiste sulle classi più deboli, sui loro beni e sui loro diritti; per una digitalizzazione che prescinde dall’umanesimo.

Dall’altro lato, gran parte della classe media, bersaglio della politica di una sinistra, radicale ma nel difendere gli interessi dei più forti, risulta molto esigente e non tollera ambiguità. Se da parte del centro non c’è chiarezza rispetto alle suddette derive, il loro voto è già perso in partenza, e la gran parte dei ceti medi e popolari si vede costretta, per mancanza di offerta politica adeguata, a optare per l’astensione o per la destra.

Ecco, dunque, l’importanza di una riaggregazione dei Popolari in funzione di un centro capace di affrontare con equilibrio e creatività le sfide che ci pone il nostro tempo.

Solo con un progetto solido per la nostra epoca, solido come quelli che i cattolici democratici seppero definire in epoche passate, un centro plurale e popolare appare in grado di poter proporsi all’attenzione di un elettorato sfiduciato ma molto meno disorientato e sprovveduto di quanto possa sembrare.