Ridurre lo spreco di farmaci vale due miliardi l’anno

Il volume dei farmaci inutilizzati nei cassetti degli italiani è di circa 600.000 metri cubi. Servirebbe una legge nazionale specifica per evitare tale eccesso, ma ciò richiede una forte determinazione politica.

Un farmaco su dieci finisce nel cestino perché le scatole contengono più o meno pillole di quelle che servono per completare la terapia. Uno spreco che è stato stimato in due miliardi l’anno. Ciascuno di noi può testimoniare questo spreco aprendo il cassetto o l’armadietto di casa dove conserviamo le medicine. Troviamo tanti farmaci scaduti, scatole semipiene, flaconi di sciroppi che difficilmente si possono aprire, ecc. Se moltiplichiamo il volume del nostro cassetto per 25 milioni e 700 mila, che è il numero delle famiglie italiane, il volume dei farmaci inutilizzati nei cassetti degli italiani è di circa 600.000 metri cubi: si potrebbe riempire fino al colmo lo stadio della Juventus o la cubatura degli edifici di un comune di 8.000 abitanti!

 

È possibile eliminare, o quantomeno ridurre, questo spreco imponendo alle aziende farmaceutiche delle regole sulla confezione dei farmaci. È stato stimato che a causa delle scatole con un numero di pillole inadeguato alla terapia si sprechi il 10% dei medicinali. “Sono ancora molte le confezioni – sostiene il Comitato nazionale di bioetica – in cui non vi è corrispondenza fra i giorni di trattamento ed il numero di unità terapeutiche (pillole, compresse, capsule o altro) in conformità alle prescrizioni mediche. Infatti, la maggioranza dei farmaci confezionati in blister spesso contiene un numero di compresse superiore o inferiore del 30%, in media, rispetto al normale ciclo terapeutico per cui viene impiegato.” In tal modo si costringono i medici a prescrivere, e i consumatori ad acquistare, una seconda confezione del farmaco o a mantenere in giacenza la confezione, spesso fino alla scadenza del prodotto. Discorso simile per i medicinali in gocce, poiché frequentemente una frazione del contenuto rimane in boccetta inutilizzato.

 

L’AIFA, agenzia Italiana del farmaco, rileva che a finire nel “cestino” sono soprattutto gli antibiotici e a seguire gli analgesici, gli sciroppi, i farmaci per l’ipertensione e per lo scompenso cardiaco, gli antiaggreganti e gli anticoagulanti. Ciò si traduce in uno sperpero delle risorse pubbliche, che potrebbero essere altrimenti utilizzate, e/o in un inutile aggravio per la spesa dei cittadini.

 

Per ridurre questi sprechi servirebbe una legge nazionale specifica. Attualmente sono in vigore due norme, una del 2012 e l’altra del 2014, che avrebbero dovuto avviare la sperimentazione negli ospedali di “sistemi di riconfezionamento, anche personalizzato”, e individuare le “modalità per la produzione e la distribuzione in ambito ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma monodose”. Queste due norme molto ambiziose non hanno prodotto risultati.

 

Non a caso il Comitato Nazionale per la Bioetica il 23 giugno 2017 ha rimproverato le istituzioni per le confezioni non ottimali dei farmaci, approvando una mozione presentata da Lorenzo d’Avack, Silvio Garattini e Carlo Petrini. “La persistenza delle confezioni inappropriate dei farmaci si presenta, dunque, come particolarmente criticabile, poiché per contenere questi sprechi non vi sono particolari difficoltà ed è già ammesso per le industrie sanitarie allestire dosi singole di farmaci nel rispetto della corretta conservazione e preparazione. In generale non è comprensibile che il consumatore sia stato orientato dalle Istituzioni all’uso di farmaci generici, nell’intento di contenere la spesa delle famiglie e dello Stato stesso, per poi riscontrare un atteggiamento d’indifferenza rispetto ad uno spreco di tali proporzioni”. Per queste ragioni il Comitato ha raccomandato di implementare interventi atti a diminuire lo spreco ingiustificato di farmaci, determinato dal formato“maxi” o “mini” delle confezioni immesse sul mercato dall’industria farmaceutica.

 

Dal momento della bacchettata da parte del Comitato etico nessuna legge è stata approvata e non è stata neppure presentata una proposta legislativa al Parlamento. Così vengono impegnate le risorse scarse del fondo sanitario per finanziare sprechi. È mai possibile che nelle finanziarie che si sono succedute negli ultimi anni, tutte in deficit, nessuno abbia avuto il coraggio di presentare una norma o un emendamento per eliminare questi sprechi?

 

Nel 2019 l’ex Ministro della Sanità e il direttore dell’AIFA annunciarono in pompa magna il via alla sperimentazione dei medicinali sfusi che avrebbe dovuto coinvolgere aziende sanitarie e farmacie selezionate. A tal fine fu costituito, all’interno dell’AIFA, un apposito gruppo di lavoro che avrebbe dovuto raccogliere informazioni sulle varie esperienze a livello internazionale e successivamente avviare un confronto con industria, medici, farmacisti e pazienti. Nonostante gli impegni, gli annunci e le conferenze stampa siamo ancora al punto di partenza.

 

È giunto il momento che il Parlamento decida, così come hanno già fatto altri paesi dove la vendita di farmaci sfusi esiste da tempo (USA, Regno Unito, Germania, Svizzera e Canada). Il problema è chiaro e non occorrono altri approfondimenti. La riduzione degli sprechi richiede solamente una forte determinazione politica nei confronti delle aziende farmaceutiche, altrimenti si continuerà a gettare dalla finestra 2 miliardi di euro l’anno, lusso che il nostro paese non può più permettersi in un momento come questo di grandi difficoltà del Servizio Sanitario Nazionale.

Il SSN non si difende solo con dichiarazioni di principio, che fanno ormai persino con grande ipocrisia aziende farmaceutiche e compagnie assicurative, ma con provvedimenti urgenti, puntuali e praticabili. Continuare a discutere dei massimi sistemi sulla sanità, senza assumere subito alcune decisioni coraggiose, equivale a testimoniare un’impotenza della politica che si rassegna alla privatizzazione del SSN.

 

Marco Aurelio, padrone di un impero, rivolgeva a se stesso un monito: “E non attendere la giusta Città di Platone, ti deve bastare un po’ di miglioramento, anche minimo”. Monito che se fosse seguito ci renderebbe almeno moderatamente soddisfatti perché indicherebbe che sarebbe stata imboccata la strada per risolvere i problemi e abbandonata quella delle chiacchiere inutili.