Ripristinare il servizio di medicina scolastica

In questa fase molto è stato chiesto alla scuola

Quando la scuola italiana insegnava a “leggere, scrivere e far di conto” il servizio di medicina scolastica era una presenza a latere, organica e complementare, rispetto ai compiti propri del sistema formativo. 

Istituita con DPR 264 dell’11 febbraio 1961 la cosiddetta “medicina scolastica” esplicitava le sue funzioni già nei primi due articoli del successivo regolamento attuativo nel DPR 22 dicembre 1967 n° 1518, di cui si riporta un estratto: “art.1)  A tutti i servizi di vigilanza igienica e di assistenza sanitaria scolastica, nell’ambito della provincia, sovraintende il medico provinciale, che li coordina d’intesa con il provveditore agli studi con il quale è prescritto almeno un incontro annuale nel mese di settembre. Ai sensi dell’art. 15 del DPR 11/02/1961 n° 264, nell’ambito del territorio comunale o consorziale il servizio di medicina scolastica in tutte le scuole di ogni ordine e grado , pubbliche e private, dipende dall’ufficiale sanitario che ne promuove e coordina l’organizzazione e il funzionamento, previa intesa con i dirigenti degli istituti scolastici. Art.2) Il servizio di medicina scolastica comprende la profilassi, la medicina preventiva, la vigilanza igienica, il controllo dello stato di salute di ogni scolaro e si avvale della collaborazione della scuola nell’educazione igienico-sanitaria. Le prestazioni sanitarie di medicina e d’urgenza, nell’ambito dei servizi della medicina scolastica agli alunni e al personale della scuola sono gratuite. Le amministrazioni comunali … provvedono a stipulare convenzioni con enti pubblici e privati per i servizi specialistici necessari, allorchè non siano realizzabili nella sfera operativa della medicina scolastica”.

Già in questo sunto dell’incipit normativo si colgono due evidenze utili al lettore: il linguaggio estremamente conciso e chiaro e l’esplicitazione della titolarità delle istituzioni interessate.

Alla stessa stregua, l’articolato successivo si attiene alla definizione di ruoli, compiti, attribuzioni e regolamentazione del servizio, espressi con descrizioni accessibili e puntuali: nulla di ciò si rinviene negli attuali testi normativi in ambito scolastico e oltre, solitamente complessi, farraginosi, estremamente complessi ed iper-burocratici, composti da rimandi di articoli e commi senza un costrutto esplicativo e un filo logico che offrano un quadro d’insieme intellegibile e comprensibile a tutti.

La medicina scolastica – contestualizzata nell’epoca della sua legislazione istitutiva – si caratterizzava come cotè sanitario integrativo al compito di alfabetizzazione del Paese: quello di una profilassi e di una vigilanza attuata già a partire dai banchi di scuola elementare (per poi inglobare la scuola materna statale dopo la sua istituzione con legge 18 marzo 1968 n° 444) ed estendersi fino alle “scuole medie superiori”.

Un progetto ambizioso, a ben osservare, ma che esprimeva una avvertita consapevolezza di grande valore sul piano della tutela della salute della popolazione scolastica.

Ci si è interrogati a lungo e non senza argomenti sostenibili sul perché questo impianto sanitario inglobato nel sistema scolastico che legittimava già allora (prima della legge 517/1977, ricordata  per il principio  della integrazione scolastica per tutti, in special modo per i disabili), in modo inclusivo due principi costituzionali fondamentali come il “diritto allo studio” e il “diritto alla salute”, tornati oggi di grandissima attualità) sia a poco a poco scemato negli interessi delle istituzioni politiche centrali e locali, che avrebbero se mai dovuto implementarlo e perfezionarlo con nuove, aggiornate attribuzioni, al punto che – dopo la riforma del Sistema sanitario nazionale di cui alla legge 23/12/1978 n.° 833 – pur non essendo stato abolito sul piano normativo (l’art.14 della legge ne traslava le competenze alle ‘Unità sanitarie locali’) di fatto non è più rientrato negli interessi delle Regioni, non ha più funzionato mentre le figure del medico scolastico e dell’assistente sanitaria vigilatrice sono state assorbite nel ‘mare magnum’ della sanità territoriale extra scolastica.

Corre l’obbligo di ricordare che a partire da questo graduale disimpegno istituzionale fino alla scomparsa della medicina scolastica (un ectoplasma di cui restavano pochi riferimenti normativi, nessuna volontà attuativa e alcuna presenza “in situazione”), è iniziata una intensa attività dell’ADI (Associazione dei docenti e dirigenti scolastici italiani) che si è battuta e continua a battersi con energia per il reintegro di questo servizio pubblico di cui – dalle necessità organizzative ordinarie a favore del controllo e della tutela della popolazione scolastica fino all’esplosione dell’emergenza Covid19 – si è avvertita e si sente oggi più che mai la mancanza. Al punto che le forze politiche e alcune Regioni (non tutte invero) hanno colto l’opportunità e l’urgenza di una riconsiderazione della materia “profilassi sanitaria a scuola” , proprio a partire dall’emergenza pandemica che ha coinvolto inevitabilmente il sistema scolastico, determinando enormi disagi per alunni, famiglie, docenti, dirigenti, interrompendo le attività didattiche in presenza, solo in parte compensate ma non sostituite dalla cd. DaD.

Per cogliere l’excursus storico della genesi della medicina scolastica, delle sue figure organiche, delle competenze, dei vantaggi che offriva in termini di profilassi, tutela, controllo e prevenzione, fino alla sua graduale scomparsa a motivo di scelte nazionali e territoriali che ora si rivelano sbagliate, insomma per una analisi completa e articolata sul prima, il durante e il dopo, è doveroso menzionare lo studio analitico e davvero competente del Dott. Antonio Faggioli, già Ufficiale Sanitario del Comune di Bologna, successivamente Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Bologna e Libero Docente di Igiene all’Università degli Studi di Bologna. E’ ad esempio rinvenibile sul numero del 1°agosto 2020 del Magazine sindacale di ‘Gilda Venezia’ un articolo veramente completo ed esaustivo di questo autore che merita di essere letto: si tratta probabilmente dell’analisi più completa oggi a disposizione di chi voglia approfondire la vicenda e i suoi risvolti storici, oltre alle evidenze rese attuali dalla contingenza pandemica, non dimenticando l’impegno del sindacato ‘Gilda’ affinchè questa tematica venga ripresa e riconsiderata). 

Si può consultare al riguardo  https://www.gildavenezia.it/per-il-rilancio-della-medicina-scolastica/
I disagi provocati dalla chiusura delle scuole sono stati enormi: sul piano culturale, economico, della vita delle famiglie, della didattica in senso stretto, dello svolgimento degli esami, della valutazione, rispetto all’organizzazione delle scuole e alle scelte e alle direttive ministeriali discusse, carenti e inadeguate ma soprattutto sul piano psicologico ed emotivo per gli studenti a cui è venuto a mancare il doppio supporto dell’apprendimento e della socializzazione. La DaD non ha compensato il venir meno della didattica in presenza rispetto alla quale sono scesi in strada i ragazzi stessi per rivendicarne il ritorno. Fa veramente riflettere questa fase di enorme criticità pensando che tecnologie, dotazioni strumentali, digitalizzazione non potranno mai sostituire la valenza del rapporto interpersonale. Ricordo una frase del pedagogista Cesare Scurati: “La scuola è il posto di lavoro dove si intrecciano relazioni umane”. Né posso tacere – avendomelo espresso nel corso di una intervista il pericolo ravvisato da Paolo Crepet circa l’incombente minaccia di una “catastrofe educativa” per una metodologia didattica basata solo sulla “digital education” .

https://ildomaniditalia.eu/paolo-crepet-non-possiamo-vivere-in-una-societa-anaffettiva/

In questa fase molto è stato chiesto alla scuola: organizzazione degli spazi e dei tempi, fessibilità, accoglienza, controlli: con la ripartenza di questo mese di aprile si è ipotizzato il tracciamento con i tamponi per la popolazione scolastica che riprende a frequentare. Viene da chiedersi se un servizio di medicina scolastica, oggi organizzabile con dotazioni strumentali e risorse umane più aggiornate e adeguate di quelle degli anni ’60, non potrebbe forse svolgere – con scienza e competenza – certi compiti e certe attribuzioni di profilo strettamente sanitario che non risolverebbero forse tutti i problemi di una comunità scolastica ma contribuirebbero certamente a renderla più sicura e tutelata, consentendo a docenti ed alunni di operare con maggiore serenità.