Ucraina, un test complicato e decisivo. Putin mostra i muscoli e parla di “crisi irreversibile” dell’Occidente. Che fare?

 

L’Ucraina è per la Russia un luogo della propria storia ed in effetti sono molti gli ucraini che ancor oggi parlano meglio il russo che l’ucraino.  Ma al di là di questi aspetti, la verità è che Putin ha ormai da anni evidenziato quelle che sono le sue linee rosse”: nessuno degli Stati sorti dalla disgregazione dell’URSS può aderire all’Alleanza Atlantica né entrare nell’Unione Europea.

 

 

Enrico Farinone

 

E’ dal 2014 che il conflitto a bassa intensità fra Ucraina e Russia si accende ad intermittenza, generando ogni volta fortissime preoccupazioni presso le Cancellerie europee e la Segreteria di Stato americana. Ma nell’anno che va a concludersi l’allarme è divenuto arancione se non proprio rosso per ben due volte, l’ultima un paio di settimane fa con la movimentazione di truppe russe ai confini con l’Ucraina orientale, quel Donbass costituito dalle due regioni russofone di Donetsk e Lugansk che, autoproclamando la propria indipendenza aveva di fatto avviato il conflitto interno fra separatisti filorussi sostenuti da Mosca (che annesse contestualmente la Crimea) e governo ucraino. Un conflitto che ha comportato ad oggi 14.000 morti e un milione e mezzo di sfollati.

 

La scorsa primavera il Cremlino aveva raggruppato un numero considerevole di uomini e di mezzi corazzati a poche decine di chilometri dal confine ucraino e in tutta risposta Kiev aveva rafforzato i propri contingenti militari lungo le linee di confine orientali e anche lungo quelle meridionali con la Crimea. E il presidente Volodimir Zelenskij aveva rinnovato con forza alla NATO la richiesta di accettare e velocizzare l’adesione del suo Paese. Esattamente quello che Mosca non può tollerare.

 

L’Ucraina è per la Russia un luogo della propria storia ed in effetti sono molti gli ucraini che ancor oggi parlano meglio il russo che l’ucraino (in realtà assai simile al primo), anche se il Ministero dell’Istruzione di Kiev ha avviato un piano per diversificare quanto più possibile le due lingue favorendo in ogni modo l’utilizzo di quella nazionale.  Ma al di là di questi aspetti, la verità è che Putin con grande determinazione ha ormai da anni evidenziato quelle che sono le sue “linee rosse”: nessuno degli Stati sorti dalla disgregazione dell’URSS può aderire all’Alleanza Atlantica né entrare nell’Unione Europea. I tre Paesi baltici da questo punto di vista bastano e avanzano.

 

Il messaggio recapitato nel tempo a Washington e a Bruxelles è chiaro, e periodicamente ricordato anche con queste manovre militari ai confini. Ciò vale per l’Ucraina e anche per la Georgia, come pure si è visto qualche tempo fa. Anche per queste ragioni i Protocolli di Minsk, siglati dal c.d. “Quartetto Normandia” (Russia, Ucraina, Germania, Francia) per sancire la pace sul territorio ucraino non sono stati mai attuati. “Un’autentica sovranità ucraina può esistere soltanto in sodalizio con la Russia”, ha declamato con durezza Putin in un suo scritto la scorsa estate: un monito che assomiglia molto ad un avvertimento, se non ad una vera e propria minaccia.

 

Ed è infatti ciò che temono al quartier generale NATO, dove si ritiene necessario rispondere ad ogni esercitazione militare russa dal tono provocatorio con analoga e maggiore contro-esercitazione dell’Alleanza nei territori interessati. L’adesione dell’Ucraina alla NATO invece potrebbe causare una reazione russa assai grave. Da qui la prudenza estrema in argomento da parte degli alleati atlantici.

 

Resta pertanto difficile valutare, per gli occidentali, quale sia il comportamento migliore: perché se da un lato si teme il gioco pesante di Putin, dall’altro non si vorrebbe mostrare paura a fronte dell’assertività aggressiva che si intravede in controluce (e non solo) nelle mosse del Cremlino, su ogni dossier: dalla Bielorussia all’Ucraina, alla Georgia. Per non parlare della Libia. Come se la necessità vitale per l’Europa del gas russo e la debolezza dimostrata in Afghanistan dall’America di Biden rappresentassero per il capo del Cremlino la cartina di tornasole di quello che è il suo pensiero di fondo: che l’Occidente è ormai entrato in una crisi irreversibile. Da sfruttare.