La politica italiana è bloccata. Arrugginita e grippata in categorie rigide di destra e sinistra. Ed in modo sporadico il centro. Centro evocato e dibattuto specialmente da quel mondo cattolico, che insiste a sottolineare la propria identità ma, che non riesce più a dare un contributo degno della sua storia.

Recinti che servono solo a creare bassi livelli di competenza, indottrinamenti di parte di popolo insoddisfatto che ascolta solo la propria “pancia” e che non riesce ad uscire dalle difficoltà. Movimenti che vanno dal “vaffa day” agli “arancioni” passando per i no-vax, i salvinisti e “meloniani”.

Già questo panorama della politica è sconfortante, ma c’è un altro risvolto sconcertante. Si invoca un “Kennedy” che sappia avere una visione e “incantare” il popolo, indicare la strada che porta ad un futuro di benessere e di giustizia. Ma succede che un Paese così degradato tende ad eliminare chi emerge e tenta il cambiamento.

È così forte questa tendenza suicida che negli stessi partiti si scatena una crisi di rigetto che arriva al “political assassination” di chi mette a repentaglio il “quieto vivere” della maggioranza. E il sistema dei media con complicità di parte, malata, della magistratura, completa l’opera deleteria.

La nostra fortuna è che abbiamo un presidente della Repubblica come Mattarella, che sovrasta per senso istituzionale, sensibilità e intelligenza politica questo deserto. Ma può un Paese essere così in bilico? E per quanto?