Venezia, 15 set. (askanews) – Una mostra corale che vuol ricucire il racconto di nove esperienze di architettura sul territorio italiano, ma che anche una sorta di affermazione di metodo che sposta l’attenzione verso la realt effettiva dei progetti, focalizzandosi sulle comunit fuori dallo spazio dell’esposizione. Siamo alla Biennale Architettura di Venezia e siamo precisamente nel Padiglione Italia, affidato alla curatelad dei giovani del collettivo Fosbury Architecture, che hanno scelto di portare avanti i loro progetti sul territorio, lasciano all’esposizione il compito di essere solo una sorta di sommario.
Nicola Campri, uno dei membri del gruppo, ci ha presentato l’idea: “Noi – ha detto ad askanews – cerchiamo di raccontare una rinnovata maniera di fare architettura attraverso nove progetti diffusi in tutta Italia per mano di nove progettisti, quindi nove pratiche che collaborano con nove advisor provenienti da altre discipline. Abbiamo selezionato nove siti, attraverso la penisola, che racontassero situazioni di fragilit o di potenzialit del nostro Paese. In questo siti abbiamo sviluppato dei progetti pionieri che in qualche modo andassero a creare delle risposte a tematiche che sentiamo urgenti”.
Urgente anche il modo in cui Fosbury ha pensato di utilizzare lo spazio, che fisico, ma anche istituzionale, del Padiglione Italia, letteralmente trasformato in un amplificatore, ma non pi nel fulcro della partecipazione alla Biennale. In un’ottica di allargamento dei confini e di costruzione di nuovi paradigmi mentali che rientra alla perfezione nel discorso portato avanti dalla curatrice della Mostra internazionale, Lesley Lokko.
E a Claudia Mainardi, anche lei membro di Fosbury, abbiamo chiesto che idea di architettura il gruppo ha voluto diffondere attraverso il progetto “Spaziale”. “La scelta – ci ha risposto – stata quella di mettere in scena una generazione di architetti che non considera il manufatto come fine ultimo: pi precisamente ci siamo riferito al concetto utilizzato da Jane Rendell di Critical Spatial Practice, ovvero pratiche che si situano tra
pubblico e privato, tra arte e architettura. Partiamo dal presupposto che, soprattutto in un contesto come quello attuale sia sempre meno pensabile l’idea dell’architetto come unica figura a capo di un progetto creativo e sia sempre pi necessaria una collaborazione, non solo tra colleghi, ma anche tra saperi”.
Decisivo, per entrare nel mondo di Fosbury, di cui sono membri anche Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni e Veronica Caprino, il sottotitolo del progetto: “Ognuno appartiene a tutti gli altri”. E nello stesso modo a tutti deve appartenere l’architettura, che cos pu liberarsi e tornare a essere portavoce di desiderio di risposte a bisogni reali, come uno strumento che pu essere al servizio di una nuova prospettiva sociale. Anche questo si pu immaginare attraversando lo spazio politicamente decostruito di Padiglione Italia.