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Unicef: Solo nel 2018, in Siria, 1.106 bambini sono stati uccisi

“Solo nel 2018, in Siria, 1.106 bambini sono stati uccisi nei combattimenti, il più alto numero di bambini uccisi in un solo anno dall’inizio della guerra. Questi sono solo i numeri che l’Onu è stato in grado di verificare, ma le cifre reali sono probabilmente molto più alte”. È quanto dichiara oggi Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef.

“Oggi – denuncia Fore – c’è un allarmante equivoco che il conflitto in Siria stia rapidamente per concludersi: non è così. I bambini in alcune parti del Paese rimangono in pericolo come in qualsiasi altro momento durante gli otto anni di conflitto. Sono particolarmente preoccupata per la situazione nella Siria nordoccidentale di Idlibin, dove un’intensificazione della violenza ha ucciso 59 bambini solo nelle ultime settimane”.
“La situazione delle famiglie di Rukban, vicino al confine giordano, continua ad essere disperata – aggiunge il direttore generale dell’Unicef – con accesso limitato a cibo, acqua, riparo, assistenza sanitaria e istruzione. Sono anche allarmata dal peggioramento delle condizioni del campo di Al Hol, nel nord-est del Paese, dove vivono più di 65.000 persone, tra cui si stima che ci siano 240 bambini non accompagnati o separati. Da gennaio di quest’anno, quasi 60 bambini sono morti lungo i 300 chilometri di cammino da Baghouz al campo”.

Inoltre, “il destino dei bambini dei ‘foreign fighters’ in Siria rimane poco chiaro”, per cui “l’Unicef esorta gli Stati membri ad assumersi la responsabilità per i bambini che sono loro cittadini o nati da loro cittadini, e ad adottare misure per evitare che i bambini diventino apolidi”.

Riunita in Kenia l’Assemblea Onu per la salvaguardia dell’ambiente

La kermesse ambientale più importante del mondo ha come obiettivo la resilienza pianeta di fronte al cambiamento climatico e al sovra sfruttamento. Il 15 marzo, poi, i capi di Stato e ministri dell’Ambiente, insieme alle Ong, agli attivisti e agli amministratori di multinazionali si incontreranno per discutere e assumere impegni, nella prospettiva di un patto globale per la salvaguardia ambientale. Tra i temi in agenda: le innovazioni geoingegneristiche per rispondere alle sfide climatiche; l’economia circolare legata alla crescita produttiva sostenibile; il contrasto allo spreco alimentare; il sostegno alla decarbonizzazione abbandonando i combustibili fossili per puntare invece su energie da fonti rinnovabili, efficienza e risparmio energetico; la riduzione dei rifiuti plastici in mare. Un altro tema importante è infine quello delle nuove tecnologie, dalle soluzioni per rimuovere la CO2 dall’atmosfera ai nebulizzatori iniettati nella stratosfera per bloccare i raggi solari.

All’Assemblea di Nairobi verrà proposta una risoluzione giuridicamente vincolante per fermare l’inquinamento plastico. Il WWF ha infine lanciato una mobilitazione per chiedere un Trattato che comprenda tutti i Paesi del mondo finalizzato ad un’azione collettiva in difesa dei beni comuni. La stessa Associazione ambientalista ha pubblicato la scorsa settimana il report intitolato “Inquinamento plastico: di chi è la colpa?” dove viene tracciato un percorso per proteggere il Pianeta. Le cifre contenute nel documento danno triste conferma in riferimento al problema e impongono un’attenta riflessione. Basti pensare che dal 1950 ad oggi è andato perso il 75% di tutti i polimeri plastici fossili prodotti a livello globale contaminando flora e fauna. Nel 2016 poi, la produzione di plastica ha raggiunto 396 milioni di tonnellate, l’equivalente di 53 chili per ogni persona, traducendosi in circa due miliardi di tonnellate di anidride carbonica (quasi il 6% delle emissioni complessive di CO2 l’anno). La Strategia sulla plastica della Commissione europea, adottata il 16 gennaio 2018, si è inserita nel processo di transizione verso un’economia circolare, con lo scopo di proteggere l’ambiente dall’inquinamento da materiali polimerici, promuovendo crescita e innovazione. Con la strategia sulla plastica, la Commissione ha adottato un quadro di monitoraggio, costituito da una serie di dieci indicatori chiave che coprono le varie fasi del ciclo per misurare i progressi compiuti nella transizione verso un’economia circolare a livello nazionale ed europeo.

Rendere il riciclo redditizio per le imprese, ridurre i rifiuti di plastica, fermare la dispersione dei rifiuti in mare, orientare gli investimenti e l’innovazione, stimolare il cambiamento in tutto il mondo sono gli obiettivi chiave di questa strategia a lungo termine. Con lo scopo di fornire contributi, pareri e dati per gli sviluppi futuri della strategia sulla plastica in relazione ai rifiuti marini, in particolare quelli costituiti da plastica monouso e attrezzature da pesca.

Sui lavori dell’Assemblea grava il lutto per le 157 vittime dell’incidente aereo di ieri, in cui hanno perso la vita anche diversi delegati.

Cannabis light: Al Senato due mozioni contrapposte

Proponiamo le due mozioni che il Senato dovrà affrontare

La mozione di FI impegnava il Governo su 5 punti: emanare urgentemente un provvedimento per la sospensione della commercializzazione di tutti i prodotti della cannabis light; attivarsi con urgenza prevedendo una regolamentazione più stringente delle modalità di coltivazione e commercializzazione della canapa; alutare l’opportunità di destinare in altro modo le risorse economiche di cui al comma 1 dell’articolo 6 della legge n. 242 del 2016 (aiuti di Stato fino ad un massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa); emanare urgentemente il decreto ministeriale per definire i livelli massimi di residui di Thc ammessi negli alimenti; e verificare se le condotte della “Cannabis businnes school” siano conformi alle prescrizioni di legge.

La mozione del Pd impegnava il Governo su 4 punti: provvedere alla riorganizzazione organica della materia relativa alla filiera agroindustriale della canapa per garantire a tutti gli operatori del settore una normativa certa cui attenersi, nonché confutare falsi timori in materia, derivanti da pregiudizi senza alcun fondamento scientifico; definire, con decreto del Ministero della salute, i livelli massimi di residui di Thc ammessi negli alimenti; favorire il reale sviluppo di intese sia per quanto riguarda le produzioni alimentari, sia quelle tessili, sia quelle impiegate nel settore della bioingegneria; e adottare ogni iniziativa finalizzata all’assegnazione delle risorse individuate dalla legge n. 242 del 2016 (aiuti di Stato fino ad un massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa) alle finalità dalla stessa indicate.

Pio Cerocchi: “Non mi convince il metodo di Zingaretti. Dovrebbe dimettersi, per altro, da Presidente del Lazio”

“Le dichiarazioni di Zingaretti sulla opportunità di “sbaraccare” il Nazareno, rese nel corso della trasmissione domenicale di Fabio Fazio, mi confermano nelle mie convinzioni sul metodo della democrazia rappresentativa, che può essere interpretata solo dai partiti costituiti su basi ideali e programmi condivisi con metodo democratico come raccomanda la Costituzione”.

Queste le parole con cui Pio Cerocchi parla dell’intervista al presidente del PD.

“Così gli iscritti attraverso lo strumento della delega attraverso i diversi livelli di rappresentanza – continua Cerocchi -si riuniranno a congresso per determinare i contenuti della linea politica e il gruppo dirigente, Segretario, compreso scelto per realizzarla.

Nel Pd, invece, continua ad avvenire il contrario: una base elettorale indefinita, soprattutto non iscritta, elegge un Segretario senza definiti impegni programmatici discussi e condivisi con il diritto di fare del partito quello che vuole.

Per questo non ho votato e ancora per questo penso che Zingaretti abbia l’obbligo di moralità politica di dimettersi da Presidente della Regione Lazio”

Essere al centro o dare centralità a una nuova proposta politica?

Ho letto con interesse l’intervista (Il Domani d’Italia, 10 marzo) a Guido Bodrato e seguo con eguale interesse il dibattito sulla ipotetica costruzione di un centro politico.

Sono d’accordissimo con Bodrato sulla esigenza che un possibile nuovo centro abbia bisogno prima di una cultura politica. Perché, come afferma lo stesso intervistato, “il Centro non è una categoria astratta tra dx e sx”.

Bene, mi pare però che qui ci sia la debolezza del dibattito giacché, al di là dei retorici – mi scuso col termine che non vuole offendere i soggetti interessati – richiami ai valori cristiani di solidarietà e del bene comune, non si va. Contenuti programmatici e politici non ne vedo, proposte di rinnovamento istituzionale o sociale neppure.

Quindi questo centro, per evitare che si riduca ad un centrino, che spazio deve occupare? Lo spazio tra destra e sinistra (che, si sa, è evaporato rispetto ai cliché del Novecento)? No, pure Bodrato lo ha bocciato. Oppure lo spazio che si richiama ai valori cristiani? Io non lo credo sufficiente, anzi ritengo sia velleitario, perché la secolarizzazione in atto e le spinte populiste offrono altri esempi per intendere i valori cristiani: Salvini se ne fa portavoce a modo suo! E Di Maio, col reddito di cittadinanza ai poveri, ne dà un altra versione.

Insomma, pure i cristiani non hanno più il monopolio dei valori solidali, che si offrono a vari soggetti. Quindi? Bella domanda. Insomma, gli elettori oggi non votano per i cristiani o per gli atei o per gli agnostici (e meno male!), ma, giustamente, votano per una politica. Ecco perché io insisto nel ritenere che il centro, per essere attraente, deve avere una politica “centrale”, utile al Paese, per cambiarne il vestito istituzionale e di governance.

Cristiani o no.

Esercizi spirituali all’insegna di Mario Luzi e Giorgio La Pira

Articolo già apparso sulle pagine di http://www.frammentidipace.it  a firma di Antonio Gaspari
Per predicare gli Esercizi Spirituali della Quaresima alla Curia, Papa Francesco ha chiamato don Bernardo Francesco Maria Gianni, abate di San Miniato al Monte a Firenze.
In una intervista pubblicata su “L’Osservatore Romano” del 9-10 marzo, il benedettino don Bernardo ha raccontato di aver accolto la decisione del Pontefice “con immensa trepidazione, una buona dose di incredulità e con grande gratitudine al Signore e al Papa. Mi ha colto un profondissimo senso di inadeguatezza che Francesco ha apprezzato, quando mi ha chiamato. Mi sono reso disponibile alla sua offerta, perché mi sono sentito chiamato, ma ho fatto presente di sentirmi molto inadeguato. E il Papa mi ha risposto che questa è un’ottima premessa per far bene gli Esercizi”.
Alla domanda sul perché la scelta di ispirarsi a Mario Luzi per gli Esercizi Spirituali, don Bernardo ha spiegato di averlo scelto “perché con la poesia esprimeva molto bene il tema sul quale potevo mettere a disposizione al meglio la mia anima e la competenza della mia vita monastica, cioè lo sguardo sulla città che la basilica di San Miniato al Monte permette. È assimilabile allo sguardo con cui Gesù guarda Gerusalemme. Non a caso sulla facciata della basilica c’è il volto di Cristo che benedice tutta Firenze. Siamo convinti che da mille anni la nostra presenza benedettina serva a rendere quello sguardo vivo riconoscibile, percepibile, desiderabile. La poesia di Luzi ha il grande pregio di aver interpretato tutto questo, parlando di memoria, di speranza, di fuoco degli antichi santi. Certamente, c’è il rischio che il fuoco si attenui nel tempo, ma con la forza dello spirito si può riattizzare”.
È a questo punto che subentra il riferimento a Giorgio La Pira. Secondo l’Abate, “questo è il senso dell’immagine degli ardenti desideri: cercare di dare continuità al grande sogno di La Pira. Che era il sogno con cui immaginava Firenze una nuova Gerusalemme, una città piena di bellezze teologali, capace di attirare tutte le nazioni per un progetto di pace e di giustizia”.
Una delle prime meditazioni è intitolata “Il sogno di La Pira” e don Bernardo ha precisato: “Si comprende bene come il riferimento alla città non è politico, sociologico, cioè meramente civile, ma teologale, biblico, spirituale. Bisogna cercare di testimoniare, interpretare dal punto di vista mistico come quello di La Pira. Nelle meditazioni vi aggiungo anche quei numeri di ‘Evangelii gaudium’ in cui il Papa invita a cercare Dio nella città. Questa è una prospettiva che per noi è estremamente eloquente e significativa, perché da San Miniato contempliamo la città e dalla città siamo invitati a cercare il suo mistero, la sua vocazione”.
Ma chi è don Bernardo?
L’Abate di San Miniato ha raccontato di aver passato gli anni liceali e universitari lontano dalla Chiesa. “Poi, nella notte di Natale del 1992, ho avuto la grazia di una vera e propria conversione e vocazione nella chiesa delle benedettine di Rosano. Essa resta per me come il santuario del mio incontro con il Signore. Proprio lì sono stato fortemente invitato dalla bellezza, dalla profondità e dall’intensità della liturgia del mistero del Natale, a entrare in una dimensione tutta per me: essere desiderato e cercato da un Dio che ti conquista con la sua piccolezza, con la sua infanzia, che in qualche modo si arrende alla sua forza per venirti incontro, sperando che a tua volta anche tu ti arrendi alla sua potenza di amore”.
“Quella celebrazione ha cambiato radicalmente la mia vita – ha continuato – tanto da farmi immediatamente pensare alla possibilità di diventare monaco, cioè di dedicare tutta la vita a cercare quelle orme, quelle tracce del Signore che quella notte ho trovato: finalmente le avevo ritrovate sul mio cammino”.

Doping e corruzione inquinano lo sport

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

sono lieto di accogliere i partecipanti al Congresso Annuale dell’Unione Ciclistica Europea, che, in questa occasione, ospita anche l’Assemblea della Confederazione Africana di Ciclismo. Saluto, in particolare, il Presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, il Sig. David Lappartient, e lo ringrazio per le parole che ha voluto rivolgermi.

Il rapporto tra Chiesa e sport ha una lunga storia e, nel tempo, si è sempre più consolidato. Lo sport può rivelarsi di grande aiuto per la crescita umana di ogni persona perché stimola a dare il meglio di sé, in vista del raggiungimento di una determinata meta; perché educa alla costanza, al sacrificio e alla rinuncia. Pensiamo, ad esempio, ai lunghi e impegnativi allenamenti o all’osservanza di una esigente disciplina di vita. La pratica di uno sport poi insegna a non scoraggiarsi e a ricominciare con determinazione, dopo una sconfitta o dopo un infortunio. Non di rado diventa l’occasione per esprimere con entusiasmo la gioia di vivere e la giusta soddisfazione per aver raggiunto un traguardo.

Il ciclismo, in particolare, è uno degli sport, che mette maggiormente in risalto alcune virtù come la sopportazione della fatica — nelle lunghe e difficili salite —, il coraggio — nel tentare una fuga o nell’affrontare una volata —, l’integrità nel rispettare le regole, l’altruismo e il senso di squadra. Se, infatti, pensiamo a una delle discipline più diffuse, il ciclismo su strada, vediamo come durante le gare tutta la squadra lavora unita — gregari, velocisti, scalatori — e spesso deve sacrificarsi per il capitano. E quando un compagno attraversa un momento di difficoltà, sono i suoi compagni di squadra a sostenerlo e ad accompagnarlo. Così anche nella vita è necessario coltivare uno spirito di altruismo, di generosità e di comunità per aiutare chi è rimasto indietro e ha bisogno di aiuto per raggiungere un determinato obiettivo.

Tanti ciclisti sono stati di esempio, nello sport e nella vita, per la loro integrità e coerenza, dando il meglio di sé in bicicletta. Nella loro carriera hanno saputo coniugare fortezza d’animo e determinazione nel raggiungere la vittoria, ma anche solidarietà e gioia di vivere, a testimonianza di aver scoperto quelle potenzialità dell’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, e la bellezza di vivere in comunione con gli altri e con il creato. Gli atleti hanno questa straordinaria possibilità di trasmettere a tutti, soprattutto ai giovani, i valori positivi della vita e il desiderio di spenderla per obiettivi alti e nobili.

Questo ci fa capire l’importanza, per chiunque pratica uno sport — dai praticanti occasionali, agli amatori, ai professionisti — di saper vivere sempre l’attività sportiva a servizio della crescita e della realizzazione integrale della persona. Quando, al contrario, lo sport diventa un fine in sé e la persona uno strumento al servizio di altri interessi, ad esempio il prestigio e il profitto, allora compaiono disordini che inquinano lo sport. Penso al doping, alla disonestà, alla mancanza di rispetto per sé e per gli avversari, alla corruzione.

Vorrei anche dire una parola sulle nuove specialità, nell’ambito del ciclismo, che si diffondono fra le nuove generazioni e che, come tutte le novità, possono suscitare resistenze e rappresentare una sfida per le discipline più tradizionali. Anche per voi vale l’impegno che la Chiesa ha assunto di volere ascoltare i giovani, di prendere a cuore le loro attese, i loro modi di esprimere il desiderio di vivere e di realizzarsi. È necessario accompagnare le nuove generazioni senza perdere di vista le sane tradizioni e la cultura popolare che, in tanti paesi del mondo, accompagnano il ciclismo e i suoi campioni.

Vi auguro, in questi giorni di incontro, un proficuo lavoro e, mentre vi chiedo di pregare per me, di cuore vi benedico. Grazie.

Papa all’Angelus: con il diavolo non si dialoga, si risponde con la Parola di Dio

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di questa prima domenica di Quaresima (cfr Lc 4,1-13) narra l’esperienza delle tentazioni di Gesù nel deserto. Dopo aver digiunato per quaranta giorni, Gesù è tentato tre volte dal diavolo. Costui prima lo invita a trasformare una pietra in pane (v. 3); poi gli mostra dall’alto i regni della terra e gli prospetta di diventare un messia potente e glorioso (vv. 5-6); infine lo conduce sul punto più alto del tempio di Gerusalemme e lo invita a buttarsi giù, per manifestare in maniera spettacolare la sua potenza divina (vv. 9-11). Le tre tentazioni indicano tre strade che il mondo sempre propone promettendo grandi successi, tre strade per ingannarci: l’avidità di possesso – avere, avere, avere –, la gloria umana e la strumentalizzazione di Dio. Sono tre strade che ci porteranno alla rovina.

La prima, la strada dell’avidità di possesso. È sempre questa la logica insidiosa del diavolo. Egli parte dal naturale e legittimo bisogno di nutrirsi, di vivere, di realizzarsi, di essere felici, per spingerci a credere che tutto ciò è possibile senza Dio, anzi, persino contro di Lui. Ma Gesù si oppone dicendo: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”» (v. 4). Ricordando il lungo cammino del popolo eletto attraverso il deserto, Gesù afferma di volersi abbandonare con piena fiducia alla provvidenza del Padre, che sempre si prende cura dei suoi figli.

La seconda tentazione: la strada della gloria umana. Il diavolo dice: «Se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo» (v. 7). Si può perdere ogni dignità personale, ci si lascia corrompere dagli idoli del denaro, del successo e del potere, pur di raggiungere la propria autoaffermazione. E si gusta l’ebbrezza di una gioia vuota che ben presto svanisce. E questo ci porta anche a fare “i pavoni”, la vanità, ma questo svanisce. Per questo Gesù risponde: «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (v. 8).

E poi la terza tentazione: strumentalizzare Dio a proprio vantaggio. Al diavolo che, citando le Scritture, lo invita a cercare da Dio un miracolo eclatante, Gesù oppone di nuovo la ferma decisione di rimanere umile, rimanere fiducioso di fronte al Padre: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore tuo Dio”» (v. 12). E così respinge la tentazione forse più sottile: quella di voler “tirare Dio dalla nostra parte”, chiedendogli grazie che in realtà servono e serviranno a soddisfare il nostro orgoglio.

Sono queste le strade che ci vengono messe davanti, con l’illusione di poter così ottenere il successo e la felicità. Ma, in realtà, esse sono del tutto estranee al modo di agire di Dio; anzi, di fatto ci separano da Dio, perché sono opera di Satana. Gesù, affrontando in prima persona queste prove, vince per tre volte la tentazione per aderire pienamente al progetto del Padre. E ci indica i rimedi: la vita interiore, la fede in Dio, la certezza del suo amore, la certezza che Dio ci ama, che è Padre, e con questa certezza vinceremo ogni tentazione.

Ma c’è una cosa, su cui vorrei attirare l’attenzione, una cosa interessante. Gesù nel rispondere al tentatore non entra in dialogo, ma risponde alle tre sfide soltanto con la Parola di Dio. Questo ci insegna che con il diavolo non si dialoga, non si deve dialogare, soltanto gli si risponde con la Parola di Dio.

Approfittiamo dunque della Quaresima, come di un tempo privilegiato per purificarci, per sperimentare la consolante presenza di Dio nella nostra vita.

La materna intercessione della Vergine Maria, icona di fedeltà a Dio, ci sostenga nel nostro cammino, aiutandoci a rigettare sempre il male e ad accogliere il bene.


Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

ieri a Oviedo, in Spagna, sono stati proclamati beati i seminaristi Angelo Cuartas e otto compagni martiri, uccisi in odio alla fede in un tempo di persecuzione religiosa. Questi giovani aspiranti al sacerdozio hanno amato così tanto il Signore, da seguirlo sulla via della Croce. La loro eroica testimonianza aiuti i seminaristi, i sacerdoti e i vescovi a mantenersi limpidi e generosi, per servire fedelmente il Signore e il popolo santo di Dio.

Rivolgo un cordiale saluto alle famiglie, ai gruppi parrocchiali, alle associazioni e a tutti i pellegrini venuti dall’Italia e da diversi Paesi. Saluto gli studenti di Castro Urdiales (Spagna) e i fedeli provenienti da Varsavia; come quelli di Castellammare di Stabia e Porcia. Saluto i Piccoli cantori di Pura (Svizzera), i ragazzi del decanato di Baggio (Milano), quelli della professione di fede di Samarate, i cresimandi di Bondone e di Paullo, i giovani di Verona e gli alunni della scuola “Emiliani” dei Padri Somaschi di Genova.

Auguro a tutti che il cammino quaresimale, da poco iniziato, sia ricco di frutti; e vi chiedo un ricordo nella preghiera per me e per i collaboratori della Curia Romana, che questa sera inizieremo la settimana di Esercizi Spirituali.

Buona domenica! Buon pranzo! E arrivederci!

World Kidney Day: la giornata di sensibilizzazione che si celebra il 14 marzo

World Kidney Day è una  campagna di sensibilizzazione globale  finalizzata a sensibilizzare sull’importanza dei nostri reni.

Il World Kidney Day ritorna ogni anno. In tutto il mondo si svolgono centinaia di eventi dalle proiezioni pubbliche in Argentina alle maratone di Zumba in Malesia. 

Consapevolezza dei comportamenti preventivi, consapevolezza dei fattori di rischio e consapevolezza su come convivere con una malattia renale. 

Gli obbiettivi sono:

  • Aumentare la consapevolezza dei nostri “reni” il diabete e l’ipertensione sono fattori chiave di rischio per la malattia renale cronica (CKD).
  • Incoraggiare lo screening sistematico di tutti i pazienti con diabete e ipertensione per CKD.
  • Incoraggiare comportamenti preventivi.
  • Educare tutti i  medici sul loro ruolo chiave nel rilevare e ridurre il rischio di insufficienza renale cronica, in particolare nelle popolazioni ad alto rischio.
  • Sottolineare il ruolo importante delle autorità sanitarie locali e nazionali nel controllo dell’epidemia di CKD. 
  • Incoraggia il trapianto come opzione ottimale per l’insufficienza renale e l’atto della donazione di organi come iniziativa salvavita.

Suor Alessandra Smerilli: «L’economia ripensi se stessa per ritrovare la sua anima»

Articolo già apparso sulle pagine del “Il sole 24 ore” a firma di Paolo Bricco

L’Occidente ha ridotto la povertà. La globalizzazione trainata dall’Europa e dagli Stati Uniti ha creato le condizioni per la crescita economica di pezzi interi del mondo. Ora, però, l’Occidente deve diminuire le disuguaglianze. Gli oligopoli economici e reddituali, tecnologici e culturali hanno aumentato la concentrazione di risorse, di potere e di influenza nelle mani di poche strutture e di poche persone».

Suor Alessandra Smerilli è una delle economiste più ascoltate dalla Cei – i vescovi italiani, radunati nella Conferenza episcopale italiana – e dal Vaticano al tempo di Bergoglio. Siamo al ristorante Sanacafé, quartiere Prati, a un quarto d’ora a piedi dalla Via Conciliazione in cui si trova il Pontificio Consiglio della Cultura (Suor Alessandra fa parte della consulta femminile) e a cinque minuti dalla Lumsa, dove dopo il nostro pranzo lei andrà a condurre un esperimento basato sulla teoria dei giochi finalizzato a comprendere se esistono diversità sostanziali nei comportamenti economici fra i religiosi e i laici.

Oggi Suor Alessandra non ha il velo, indossa un maglioncino blu e ha una camicia bianca con una costina centrale azzurra con sopra il rosario. Ha i capelli corti e il viso tondo, gli occhiali e uno Swatch verde e marrone al polso («Me lo hanno regalato degli amici svizzeri»). Ha una simpatia naturale e una naturale propensione a trasformare il sorriso in riso. Vive i normali affanni di tutti, «Chi ritiene che essere suora sia riposante pensando alla vita contemplativa, non sa quanto invece possa essere faticoso e impegnativo nella vita attiva». Su questo, nel 2013, ha scritto un libretto non privo di autoironia per le edizioni di Città Nuova intitolato appunto Suore.

«Papa Bergoglio – dice – nella sua enciclica Laudato Si’ ha espresso il messaggio profetico secondo cui tutto è connesso: l’ecologia e l’economia, il lavoro e la spiritualità. Esiste una continuità con la Caritas in Veritate di Papa Ratzinger. La questione non è avere più o meno mercato. Il nodo è la natura del mercato e anche la sua declinazione reale, nelle diverse fasi storiche. Papa Ratzinger si è soffermato sul tema cruciale della vocazione del mercato, definendolo come istituzione, se c’è fiducia generalizzata, che permette l’incontro tra le persone. I pontefici non sono economisti. I pontefici sono pastori che dichiarano la loro visione del mondo e manifestano le loro preoccupazioni. Come, di fronte ad alcune forme inaccettabili di realizzazione del mercato, ha fatto nella Evangelii Gaudium Papa Bergoglio, con il concetto molto forte del no all’economia che uccide, l’economia delle diseguaglianze, e del sì, per citare le sue parole “all’economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione”».

Al Sanacafé, un locale di gusto internazionale senza il timbro da osteria e senza la cifra anni Ottanta che ancora oggi perdura a Roma nei locali più pretenziosi e ben frequentati, la cucina è biologica, i tavoli sono delle tavolate in cui si consuma il pasto con i propri commensali a fianco di sconosciuti, il marketing e la comunicazione si fondono con un’idea comunitaria del desinare e con una prospettiva ultrasalutista ma non penitenziale del cibo.

Suor Alessandra, prima di scorrere il menù, si sofferma diverse volte sulle differenti declinazioni della diseguaglianza. Diseguaglianze economiche. Ma anche diseguaglianza fra uomo e donna. Pure nella Chiesa. «Nella Chiesa c’è poco spazio per le donne a livello di struttura e di gerarchia. Papa Francesco sta facendo molto per aumentare questo spazio. La diversità dello sguardo garantisce scelte più universali». Il tema delle diseguaglianze è il perno del pensiero e delle attività di questa suora dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice Salesiane di Don Bosco che è cresciuta in Abruzzo, ha un diploma di maturità al liceo scientifico Raffaele Mattioli di Vasto, è figlia di una parrucchiera (Lucia) e di un operaio della Magneti Marelli (Nicola) oggi in pensione e ha un fratello di nome Giuseppe, chef a Ningbo, a 300 chilometri da Shanghai, che è spesso ospite della televisione cinese dove insegna come si fanno il pane e la pasta.

Dal 13 al 16 marzo, Suor Alessandra sarà al seminario di Treviso della pastorale sociale della Cei su “Giovani, lavoro, sostenibilità”, dove avrà l’incarico di coordinare appunto il laboratorio su giovani e lavoro. Lo scorso ottobre, Papa Francesco l’ha nominata uditrice al sinodo dei vescovi sui giovani, dove ha tenuto un intervento. In quella occasione, Suor Alessandra aveva appena detto in sala stampa «economia ed ecologia hanno la stessa radice. Non si può ascoltare il grido dei poveri, e dei giovani fra i poveri, senza ascoltare il grido della terra, perché sono lo stesso grido», quando il suo account twitter è stato preso di mira da dei troll: «È stata una cosa pesante. Ma si è trattato di un episodio».

Suor Alessandra a fine febbraio ha svolto in Vaticano una relazione su ecologia, economia e politica in un seminario in preparazione del sinodo sull’Amazzonia, che si terrà a ottobre. L’Amazzonia, il Sud America. Uno dei cuori emotivi e culturali del pontificato di Bergoglio. Ma, anche, una delle metafore – fra propositi e azione, politica e scelte individuali – del pensiero economico del Santo Padre, «che è stato accolto molto bene dagli studiosi, per esempio Jeffrey Sachs e Paul Krugman, Joseph Stiglitz e Partha Dasgupta, ma che stenta a essere fatto proprio in maniera convinta e profonda dai cattolici: basta pensare alla poca attuazione, nei comportamenti di tutti i giorni, della ecologia integrale. È importante, per esempio, ricordare le parole di Papa Francesco nella Laudato Si’ sulla responsabilità sociale dei consumatori: “Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”. Per questo “il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi”». Suor Alessandra lo dice mentre iniziamo a mangiare come antipasto lei una insalata verde con spinacini e finocchi e io delle polpettine di melanzane.

Il tema evangelico della visione dell’economia all’interno della missione della Chiesa si incrocia con il profilo culturale della ricerca economica. C’è una relazione fra il magistero ecclesiale e la critica ai metodi classici della costruzione del pensiero della e sulla economia. Suor Alessandra ha due dottorati di ricerca (il primo alla Sapienza di Roma e il secondo alla University of East Anglia di Norwich), è professore ordinario all’Auxilium (l’unica università pontificia affidata alle donne) e visiting professor alla University of Pennsylvania. «Ci sono alcuni fondamenti culturali dell’economia che non persuadono. Penso innanzitutto all’idea che l’economia sia come la fisica, regolata da leggi naturali, quasi che sia una scienza esatta. Quindi, al principio di razionalità, secondo cui gli operatori economici assumono le proprie decisioni sempre in maniera razionale. Oppure, al concetto di equilibrio ottimale dell’allocazione delle risorse che ne discende. È interessante notare che l’idea secondo cui il soggetto non è una persona, ma il soggetto è una monade che pensa a sé ed è opportunista non è soltanto alla base della teoria economica classica, ma viene anche trasmessa agli studenti, condizionando la loro cultura e plasmando la loro visione del mondo».

Il dubbio di fondo sulla costruzione del pensiero economico nasce in Suor Alessandra al terzo anno di università. Ne parla come di una vera e propria illuminazione culturale, mentre passiamo al secondo: lei dei calamari croccanti e io un rollè di branzino. «Allora ho conosciuto l’economia di comunione di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, e l’economia civile, studiata da Stefano Zamagni e da Luigino Bruni. Il dottorato italiano è stato sulla we rationality, la razionalità del noi. Il dottorato inglese sulla community of advantage, il vantaggio della dimensione comunitaria. Ho lavorato a Norwich con Robert Sugden, che nel solco della tradizione di Hume, Mill e Hayek ha sviluppato una nuova concezione dell’economia comportamentale, unendo esperimenti e teoria dei giochi, con la prospettiva di fare dialogare la scienza economica e la filosofia morale. La ricerca di una alternativa culturale o, meglio, di una critica nel metodo prima che nei contenuti, è oggi meno minoritaria di una volta. Anche se il mainstream, la corrente principale e dominante, è sempre il mainstream. Il grande blocco inscalfibile, nella diffusione di una concezione provvidenzialistica del mercato, è stato a lungo la Scuola di Chicago».

Sarà forse un caso, ma la prima – e l’unica – donna a vincere il Nobel per l’Economia – Elinor Ostrom – si è occupata di beni comuni. Mentre cediamo alla tentazione e dividiamo in due un tortino di cioccolata, Suor Alessandra racconta come tutto ebbe inizio: «La mia vocazione all’economia nasce all’interno del percorso di obbedienza. Io pensavo di iscrivermi a psicologia o a scienze dell’educazione, per lavorare con i ragazzi delle periferie. La mia madre superiora Vera Vorlova, una ceca molto lungimirante, mi chiese di pensare alla facoltà di economia perché, a suo avviso, l’economia sarebbe stata sempre più centrale. Non mi era mai venuto in mente. Di primo acchito mi sentii persa. Poi, però mi fidai e mi affidai. Dissi di sì, facendo notare che se si pensava a compiti gestionali non avrei garantito nulla, dato che non ho spirito pratico. E, così, eccomi qui».

Eccola qui, dunque: «Sono donna, sono suora e mi occupo di economia. Più fuori dal mainstream di così», sorride.