Marsiglia, 23 set. (askanews) – Ancora un appello di papa Francesco perché il Mediterraneo smetta di essere ciò che è diventato: un “mare mortuum”. Lo ha detto stamane nel suo intervento ai lavori del “Rencontres Mediterraneennes”, di Marsiglia. “C’è un grido di dolore che più di tutti risuona, e che sta tramutando il ‘mare nostrum’ in ‘mare mortuum’, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità”, ha ripetuto Francesco con parole dure già pronunciate ieri. “È il grido soffocato dei fratelli e delle sorelle migranti, a cui vorrei dedicare attenzione riflettendo sulla seconda immagine che ci offre Marsiglia, quella del suo porto. Il porto di Marsiglia è da secoli una porta spalancata sul mare, sulla Francia e sull’Europa. Da qui molti sono partiti per trovare lavoro e futuro all’estero, e da qui tanti hanno varcato la porta del continente con bagagli carichi di speranza. Marsiglia ha un grande porto ed è una grande porta, che non può essere chiusa. Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi”. “E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: ‘invasione’ ed ‘emergenza’. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza, cerca vita. – ha sottolineato Francesco – Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà”. “Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà. Anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi. Eppure, – ha concluso Papa Francesco – questa situazione non è una novità degli ultimi anni, e non è questo Papa venuto dall’altra parte del mondo il primo ad avvertirla con urgenza e preoccupazione. La Chiesa ne parla con toni accorati da più di cinquant’anni”.
E Papa Franceswco è netto anche sui respingimenti: “Sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana”. E tanto meno la soluzione con i migranti che bussano alle nostre porte, non può essere il respingimento visto che “la soluzione non sarà nella chiusura” dell’Europa. Ancora parole forti da parte di Papa Francesco a Marsiglia dove sta proseguendo il suo 44.mo viaggio apostolico, in gran parte tutto dedicato al tema delle migrazioni. “Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni”, ha detto Francesco davanti al presidente francese Macron che lo ha ascoltato nella grande aula del Palais du Pharo, dove ha concluso i lavori del summit “Rencontres Mediterraneennes”. Ricordando la Giornata del migrante e del rifugiato che si celebrerà proprio domani, il Papa ha detto: “Lasciamoci toccare dalla storia di tanti nostri fratelli e sorelle in difficoltà, che hanno il diritto sia di emigrare sia di non emigrare, e non chiudiamoci nell’indifferenza. La storia ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire il naufragio di civiltà. Il futuro, infatti, – ha proseguito – non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia”. “Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari – sono state le sue indicazioni – sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine”. “Dire ‘basta’, invece, è chiudere gli occhi; tentare ora di ‘salvare sé stessi’ si tramuterà in tragedia domani, quando le future generazioni ci ringrazieranno se avremo saputo creare le condizioni per un’imprescindibile integrazione, mentre ci incolperanno se avremo favorito soltanto sterili assimilazioni”. Il pontefice non si è nascosto che “l’integrazione è faticosa, ma lungimirante”, ha detto, perché “prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà; l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa invece prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando – ha concluso – le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze. Abbiamo bisogno di fraternità come del pane”.