Roma, 30 mag. (askanews) – È un Pd spaesato quello che esce dalla sconfitta delle comunali, un partito che per settimane aveva coltivato la speranza di una rapida ripartenza dopo le primarie e che invece si trova a dover gestire un passaggio assai delicato. Elly Schlein ieri in segreteria si è trovata di fronte un gruppo dirigente inquieto, preoccupato, e ha capito quanto sia precario l’equilibrio che le ha consentito una navigazione tranquilla in questi primi tre mesi. La minoranza brontola, lamentando una linea troppo “radicale”, ma anche diversi esponenti della maggioranza pensano che ci siano diverse cose da correggere. Tutti, comunque, spingono per una linea più “interventista”, per una marcatura più “a uomo” nei confronti del governo e che batta soprattutto sui temi principali dell’agenda politica. “Giusto essere radicali – commenta un esponente della maggioranza – ma non su temi minoritari nel paese…”.
La Schlein ha voluto dare subito un segnale per rassicurare gli animi, ha annullato il viaggio a Bruxelles per restare al lavoro a Roma. La segretaria ha incontrato in videoconferenza gli eurodeputati, per gestire il difficile voto di giovedì sulla relazione “Asap’ che apre all’uso del Pnrr anche per costruire armi. Per la prossima settimana, poi, potrebbe essere convocata la direzione per un’analisi del voto e, soprattutto, per provare a serrare le file in vista della vera sfida, quella delle Europee del prossimo anno. La Schlein lo ha detto anche ai parlamentari europei: le Comunali hanno avuto un “risultato non positivo”, ma “ora guardiamo alle Europee come banco di prova importante”.
È lì che si tirerà un primo bilancio della sua leadership, sarà quello il momento in cui verranno definiti i rapporti di forza anche con i possibili alleati del Movimento 5 stelle e dei partiti di centro. E fino ad allora nessuno farà sconti, come dimostrano anche oggi le dichiarazioni di Giuseppe Conte. Ieri la segretaria Pd aveva lanciato un appello agli altri partiti di opposizione spiegando “da soli non si va da nessuna parte” e aggiungendo che non può toccare solo ai democratici l’onere di costruire una coalizione. Il leader M5s oggi ribatte così: “Non ci sottraiamo affatto al dialogo, l’ho sempre auspicato. Ma certo dialogo non può significare un incontro di vertice che risolve il problema dell’offerta politica, che va invece costruita con progettualità, va spiegata per bene, e sicuramente occorre anche del tempo per spiegarla”.
Da qui al 2024, insomma, sarà competizione e il Pd deve attrezzarsi per la partita. “Dobbiamo imporre la nostra agenda – dice un esponente della segreteria – dobbiamo dire la nostra sul lavoro, il fisco, il Pnrr”. Appunto, non solo le battaglie “minoritarie”, ma i temi principali dell’agenda.
Prioritario, però, sarà tenere unito il partito. Già ieri alcuni esponenti della minoranza come Simona Malpezzi e Elisabetta Gualmini fanno capire che la sconfitta ha messo già a dura prova la “pax democratica” imposta dal risultato delle primarie. “Serve una riflessione”, ha detto l’ex capogruppo al Senato. “Il Pd dice no a tutto”, si è lamentata invece l’europarlamentare. “No al taglio del cuneo fiscale, no al premierato (che avevamo lanciato noi), no a tutto. Aggiungendo che al governo abbiamo i fascisti. E le nostre proposte non si capisce quali siano. Come si fa a convincere gli elettori?”. E Pierluigi Castagnetti invita la segretaria a “leggere i risultati spagnoli(prevedibilissimi) assieme a quelli dei ballottaggi italiani (prevedibilissimi). E tutti insieme decidere come ripartire”.
Di sicuro non basta la lettura che dà Francesco Boccia. Il capogruppo al Senato risponde alle critiche dicendo che la segretaria è in carica solo da tre mesi: “Elly Schlein si è insediata il 12 marzo. Non c’è stata un’alleanza decisa dalla nuova segreteria e le liste del Pd erano di fatto già chiuse”. Una sottolineatura che non piace a Monica Nardi, portavoce di Enrico Letta durante la segreteria: “Lo scaricabarile, vi prego, no. Enrico Letta le amministrative le ha stravinte e per 2 anni di seguito”.