Per un nuovo riformismo

Quello  che,  al contrario, resta al centro dell'agenda politica e' come ricostruire un campo riformista, democratico e di governo alternativo al sovranismo leghista e al populismo in salsa grillina. 

Che il destino politico ed elettorale del Partito democratico sia segnato ormai lo condividono quasi tutti. Tranne, forse, gli ultimi reduci che partecipano con devozione e commozione alle kermesse delle  feste  della  ex  Unità.  Un  destino  che  è  il  frutto  di  molte  componenti  e  che,  forse,  non  vale neanche più la pena di soffermarsi con eccessiva insistenza.
Ora, il vero nodo politico non è il destino politico ed elettorale di quel partito. Del resto, per chi come noi non ha mai avuto una concezione sacrale o dogmatica o assolutista del partito ma lo ha sempre e solo considerato un mezzo per centrare degli obiettivi politici e sociali, che il Pd cambi, si sciolga, si divida – come auspicano Orfini e ormai moltissimi altri esponenti nei Dem – o decreti semplicemente  la  sua  confluenza  in  un  nuovo  contenitore,  non  importa  granché.  Quello  che,  al contrario, resta al centro dell’agenda politica e’ come ricostruire un campo riformista, democratico e di governo alternativo al sovranismo leghista e al populismo in salsa grillina.
Senza evocare gli scenari divertenti e fantasiosi di Eugenio Scalfari che disegna un futuro politico con un Pd al 30% dei consensi e un altro partito, cosiddetto “liberal democratico” e sempre creato dal Pd, attorno al 20%, sul tappeto resta il tema di come dare gambe politiche ed ossatura organizzativa a questo campo riformista. E, forse, ha centrato il problema una recente riflessione di Marco Follini quando evidenziava la necessità di una riscoperta attiva e moderna delle singole identità politiche per poi ricostruire  insieme  una  coalizione  plurale,  inclusiva  e  autenticamente  riformista.
Del  resto, tramontati i “partiti plurali” ed esauritasi definitivamente la stagione della “vocazione maggioritaria” del Partito democratico, l’unica ricetta credibile per evitare di essere travolti in modo irreversibile dalle forze sovraniste e populiste resta quella di creare una sintesi politica frutto del contributo di tutte  quelle  culture  politiche  che  sono  state  forse  troppo  frettolosamente archiviate  e  sacrificate sull’altare  della  rottamazione  renziana  e  della  ineluttabilità  del  “pensiero  unico”.
Una  stagione, quella  renziana,  e  avallata  opportunisticamente  da  tutte  le  più  svariate  tribù  interne,  che  tra  le molte altre cose ha ridotto i vari filoni ideali che contribuirono a fondare il Pd ad un semplice orpello ornamentale  da  celebrare  nei  convegni  e  poco  piu’.  Salvo,  poi,  prendere  atto  che  tramontata  la vocazione  maggioritaria  e  distrutto  la  “cultura  della  coalizione”  il  campo  riformista  e’  apparso disarmato, impaurito e soprattutto incapace di dar vita ad una credibile e seria alternativa politica, culturale e programmatica. E il compito di coloro che oggi non si rassegnano al pensiero unico, al dominio del capo di turno e alla cancellazione della distinzione tra destra e sinistra, tra riformisti e conservatori, tra populisti e popolari, hanno il dovere di rideclinare le culture politiche – a partire dalla tradizione popolare e cattolico sociale e democratica – per contribuire, insieme, a dar vita ad una  alleanza  politica  che  sappia  di  nuovo  porsi  come  guida  per  un  governo  democratico  e riformista del nostro paese.