Lussemburgo, 8 giu. (askanews) – “Non possiamo proporre una riforma che sarebbe destinata nei fatti a fallire, quindi nei termini in cui ci sono state presentate le ultime proposte negoziali” sul Patto Ue su Immigrazione e asilo, riteniamo che “ci siano ancora molte cose da fare. Non voglio esprimere da subito una posizione nettamente contraria, ma su alcuni punti dobbiamo immaginare la possibilità di negoziare ancora su un sistema europeo sostenibile”. Lo ha affermato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, durante il suo intervento in sessione pubblica a Lussemburgo, al Consiglio Affari interni dell’Ue. “Per l’Italia è cruciale mantenere alta l’attenzione sulla situazione tunisina, come testimonia la missione del Presidente Meloni, lo scorso 6 giugno, e la nostra richiesta di avere un punto specifico anche in occasione del prossimo Consiglio europeo”. Lo ha sottolineato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intervenendo al Consiglio Affari interni dell’Ue in corso a Lussemburgo.
Secondo fonti diplomatiche, il ministro ha anche ricordato la propria missione a Tunisi dove ha avuto modo “di riscontrare gli sforzi compiuti dalle autorità tunisine rispetto a un fenomeno (le partenze dei migranti, ndr) che ha raggiunto livelli mai conosciuti prima”.
Piantedosi ha sottolineato che la Tunisia “è sempre più un Paese non solo di partenza, ma anche di transito dei flussi, come dimostrano gli ultimi dati. Sono pertanto prioritari i rimpatri anche verso i paesi di origine”, Sempre a quanto riferiscono fonti diplomatiche il titolare del Viminale ha ribadito “la necessità di una visione di lungo periodo, sollecitando anche una riflessione su una revisione del Quadro Finanziario Pluriennale” dell’Ue “per aggiornarlo alla sfida. È indispensabile – ha aggiunto – unire gli sforzi di tutti gli attori interessati: Stati terzi di origine, Paesi di transito, Unione europea, Organizzazioni come l’Oim l’Unhcr”.
“È chiaro – ha affermato il ministro – che tutto ciò richiede un attento e costante lavoro sul terreno lungo alcune direttrici ben chiare tra cui la protezione delle frontiere sensibili lungo le rotte migratorie; il rafforzamento dei sistemi di asilo e di accoglienza dei Paesi intermedi; il miglioramento della capacità di gestione sul territorio africano delle persone più vulnerabili; il sostegno alle comunità locali per impedire che si trasformino in elementi di facilitazione dell’immigrazione illegale”. C’è poi il tema tutt’altro che secondario della “previsione di idonei canali di ingresso legale nell’Unione europea sul modello dei corridoi umanitari da noi attuati oramai da diversi anni e lo sviluppo di robuste iniziative per attuare i rimpatri e la reintegrazione degli immigrati da Paesi come la Tunisia verso gli Stati di origine.”