Putin firma con Kazakistan 3 anni cooperazione, anche militare

Milano, 9 nov. (askanews) – Facendo sentire la sua presenza una settimana dopo la visita del presidente francese Emmanuel Macron, il leader del Cremlino Vladimir Putin ad Astana, dal collega Kassym-Jomart Tokayev, ha firmato una dichiarazione congiunta e un piano d’azione per la cooperazione tra Russia e Kazakistan per i prossimi tre anni, nel segno da parte russa di una chiara volontà di tornare stringere i rapporti con il vicino. “In conformità con il principio di sicurezza uguale e indivisibile, la cooperazione militare, tecnico-militare e politico-militare mira a garantire la sicurezza e ad aumentare la capacità di difesa dei due paesi e non è diretta contro terzi” si legge in un dispaccio di Ria Novosti.

Mosca sta dirigendo evidentemente la propria spinta diplomatica nella regione tradizionalmente vista come il proprio “giardino di influenza”. La dichiarazione congiunta contiene i risultati provvisori della cooperazione tra i due paesi, nonché i compiti per il futuro strategico. Putin ha affermato inoltre di aver parlato con Tokayev del coordinamento di Russia e Kazakistan nell’Onu, e deciso di difendere i principi dello stato di diritto. Il leader russo mentre si rivolgeva alla platea accanto a Tokayev si è visto spegnere il microfono quando stava dicendo “noi siamo pronti ad andare incontro ai colleghi kazaki”: allo strano bip che ne è seguito, il capo del Cremlino ha reagito con una battuta: “no, non vogliono, anzi vogliono, hanno già cambiato idea”.

Ma i problemi e i ripensamenti non appartengono solo ai microfoni. Prima dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, il Cremlino trattava il Kazakistan come un partner relativamente affidabile anche se qualche volta le due nazioni si sono trovate in disaccordo. Ad esempio nel settembre 2014 Putin dichiarò che “i kazaki non hanno mai avuto uno Stato” e che il loro “desiderio di legami più stretti con la Russia è profondo”: l’allora presidente del Kazakistan Nursultan Nazarbayev minacciò di lasciare l’Unione economica eurasiatica dominata dalla Russia. Eppure, fino ad oggi, il Paese centroasiatico rimane parte del blocco guidato dalla Russia.

Mosca ha fatto capire in questi giorni che non accetterà le spinte occidentali per costruire legami con l’Asia centrale. Russia e Kazakistan – si legge oggi – intendono promuovere la costruzione di un’economia mondiale aperta, espandere l’interazione tra le regioni dei due paesi nella sfera commerciale, industriale, culturale e umanitaria, nonché garantire il rafforzamento del potenziale di transito e trasporto.

La dichiarazione contiene punti sullo sviluppo della cooperazione nei settori della difesa, militare e tecnico-militare, sul miglioramento del quadro giuridico per garantire la sicurezza regionale e continentale. “Le azioni di alcuni paesi mirano direttamente a scuotere il potere legittimo, la stabilità sociale e i valori tradizionali nei paesi della CSI, a violare i nostri tradizionali stretti legami commerciali, di cooperazione e culturali”, aveva detto Putin prima del suo viaggio. Chiaro segnale che il Cremlino sente la volontà di maggiore presenza di altri attori.

Nel documento si sottolinea poi l’intenzione di continuare la cooperazione nel settore spaziale, nel campo della ricerca e dell’uso dello spazio per scopi pacifici, nello sviluppo di progetti nel campo della sanità e della protezione ambientale. “Gli spostamenti globali costringono la Russia ad acquisire nuove competenze nel campo dello sviluppo economico e il paese ha successo” sostiene Putin, nel giorno in cui si concluderà il summit della Economic Cooperation Organization nel vicino Uzbekistan.

Di recente il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov non le ha mandate a dire, denigrando l’azione diplomatica dell’Occidente in Asia centrale, con una serie di incontri di alto profilo tra i leader dell’Asia centrale e le loro controparti statunitensi ed europee quest’estate. L’accusa è che l’Occidente punta ai “vicini, amici e alleati” della Russia. E con il proposito di mantenere la sempre più ridotta sfera di influenza, in un contesto di crescente concorrenza economica da parte della Cina e di crescente interesse geopolitico da parte dell’Occidente, Putin vuole evidentemente mantenere un punto d’appoggio in Asia centrale, ovvero Kirghizistan, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Ovvero gli -stan, un tempo parte dell’Unione Sovietica di cui più volte Putin ha espresso grande nostalgia.

(di Cristina Giuliano)