Uno dei simboli della tragedia economica Ellenica fu l’immagine di un adolescente di 13 anni svenuto nel bel mezzo della classe nella città di Heraklion, sull’isola di Creta. Successe a novembre del 2011. Non mangiava da giorni e quando sua madre fu chiamata dalla scuola, disoccupata e sola con quattro figli, disse che le mancavano i mezzi per dar loro da mangiare.
La diagnosi è di quelle che non lasciano spazio ai fraintendimenti: i tagli massicci accettati da Atene come contropartita dei tre salvataggi finanziari hanno significano “una violazione del diritto al cibo”.
Nel rapporto si può notare come la crisi greca, attraverso l’aumento delle tasse abbia costretto le famiglie a destinare una parte sempre maggiore del budget all’acquisto di cibo, modificando totalmente le loro abitudini, che oggi hanno come unico indicatore economico il prezzo del bene e non la qualità.
Gli autori danno anche particolare importanza alla vulnerabilità degli abitanti della campagna. Se nel 2016 Eurostat collocava il 35,6% della popolazione greca a rischio di povertà, solo dietro Romania e Bulgaria, il documento attuale aumenta tale proporzione al 38,9% nelle zone rurali.
“Ci è stato detto che la Grecia è fuori pericolo, ma il colpo agli standard di vita delle famiglie greche è stato enorme”, ha criticato il belga Olivier De Schutter nel rapporto alle Nazioni Unite sul diritto al cibo.
Pertanto, mesi dopo la fine di un’era di salvataggi, anche se Atene è tornata a finanziarsi sui mercati, e il PIL è in leggera crescita, i cittadini abituati a sopravvivere con le cinture allacciate, continuano a pensare che non ci sia niente da festeggiare.