1.400 miliardi di liquidità? Non esiste: è già tutta impiegata

Oggi l’unica soluzione è la ripresa del “quantitative easing” (QE) da parte della BCE, che purtroppo non sta più soccorrendo le nostre banche con questi riacquisti, come ai tempi di Draghi.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo dell’amico Giovanni Palladino apparso sulle pagine della newsletter Servire l’Italia

Intervistato ieri sera da Massimo Giletti su La7, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha detto: “La Germania non deve preoccuparsi: l’Italia ha sempre pagato i suoi debiti”. Rispondeva al dubbio di Giletti sull’effettiva volontà della Germania nel dare la “luce verde” all’emissione dei “corona- bonds”. Tuttavia è dall’ inizio degli anni ’50 che l’Italia non riesce a rimborsare tutti i suoi creditori, come lo dimostra chiaramente il puntuale aumento annuale del nostro debito pubblico. Il “rimborso” dei titoli in scadenza avviene con l’emissione di altri titoli di Stato, oltre ai nuovi da emettere per le maggiori spese prive di copertura “regolare”. Purtroppo la verità è questa.

Ma c’è un’altra verità, che dovrebbe essere altrettanto evidente: i 1.400 miliardi di liquidità (è l’importo dei depositi bancari e postali dei nostri risparmiatori) non sono disponibili, neppure in minima parte, per fronteggiare i costi economici e sociali del Covid-19, perché sono già tutti impiegati dai debitori (le banche e la posta) nella loro normale attività istituzionale: dare prestiti alle imprese, alle famiglie e allo Stato. In effetti non esiste denaro “ozioso”. Può esserlo per quei risparmiatori, che non vogliono investirlo direttamente in azioni, in obbligazioni o in loro attività produttive.

Ma appena il loro risparmio entra in banca o alla posta, deve per forza diventare “non ozioso”. Quindi è quasi tutto impiegato nell’economia privata e pubblica. E non è sempre di veloce liquidabilità. Questa si ha con il puntuale rimborso dei prestiti e – nel caso dei titoli di Stato posseduti dalle banche – con l’intervento di altri investitori disposti ad acquistarli, perchè lo Stato non li rimborsa (almeno sino ad oggi e chissà sino a quando…).
Si è detto che tra banche e Cassa Depositi e Prestiti si potrebbero “creare” 240 miliardi di prestiti per fronteggiare in parte i problemi nati con il Covid-19. Ma non si dovrebbe parlare di “creazione”, bensì di “sostituzione” di attività finanziarie. Ad esempio, le banche e la Cassa Depositi e Prestiti potrebbero vendere 240 miliardi di loro titoli di Stato per ricavare le risorse con cui effettuare questo necessario aiuto. Per farlo devono prima trovare gli investitori disposti ad acquistare i loro titoli. E con questi chiari di luna non è un’impresa facile.

Oggi l’unica soluzione è la ripresa del “quantitative easing” (QE) da parte della BCE, che purtroppo non sta più soccorrendo le nostre banche con questi riacquisti, come ai tempi di Draghi. Trump si è già assicurato per le banche USA ben $3.000 miliardi da parte della FED, la cui esposizione nei confronti delle banche sta per toccare $6.000 miliardi! Era di soltanto $870 miliardi alla vigilia della crisi del 2008. L’esposizione della BCE verso le banche dell’UE è pari al 45% di quella della FED. C’è quindi margine per un più generoso intervento di QE. E il problema non è chi scegliere – tra lo Stato e la SACE – il garante di tali prestiti Covid-19, perché la SACE è pur sempre di proprietà dello Stato. Il vero problema è che non esiste la liquidità. Solo la BCE può darla alle nostre banche con un semplice click, sperando che questa liquidità aggiuntiva sia capace di contribuire alla creazione di un grande surplus economico per compensare almeno in parte l’enorme deficit che verrà causato dal Covid-19. È una speranza che ha bisogno di nuove idee e di nuovi leaders. E ovviamente di tanta competenza.