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10 anni di Siria

La distruzione provocata dalla guerra potrebbe costare fino ad un miliardo di euro.

È tutto iniziato come se fosse una piccola manifestazione.

I primi assembramenti non autorizzati, perché vietati dalla legge di emergenza in vigore dal 1963, cominciarono a febbraio. Centinaia di giovani si riunirono fuori da una caserma di Damasco per chiedere la liberazione di alcuni arrestati.

Nei giorni che seguirono, la protesta crebbe. Le manifestazioni antigovernative avevano già travolto Tunisia, Egitto, Libia e Bahrein in un’ondata rapidamente soprannominata Primavera araba. Adesso era il turno della Siria. Mentre i disordini si diffondevano in altre città, i commentatori sembravano sicuri che un altro regime sclerotico sostenuto dai militari sarebbe caduto.

Quella che era iniziata come una rivoluzione popolare, invece, si è trasformata in una guerra civile, quando anche i manifestanti hanno imbracciato le armi. Ora, 10 anni dopo, la catastrofe in Siria funge da squallido esempio di una impossibilità di cambiamento .

Facendo affidamento su un mix di forza bruta contro il suo stesso popolo e assistenza da parte della Russia, l’Iran e altri alleati,  il presidente siriano Bashar Assad rimane al potere.

Ma a quale prezzo?

Si stima che potrebbero essere fino ad un milione i suoi compatrioti uccisi.

Altri milioni di civili si sono sparsi come rifugiati in tutta Europa; decine di migliaia di persone sono scomparse, molte delle quali si presume siano state torturate e uccise nelle carceri governative.

Si sono create le basi per un terreno fertile che ha consentito la rinascita di gruppi islamici estremisti, tra cui Al Qaeda.

La distruzione provocata dalla guerra potrebbe, inoltre, costare fino ad un miliardo di euro.

Somma che Assad, non ha alcuna speranza di raccogliere.

 

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