Stefania Parisi
L’intervento del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel palazzo di Montecitorio in occasione della “Festa della donna” ha rappresentato un tassello importante nel rapporto tra donne e politica, tra donne e società, e tra donne e potere. Voglio citare questo intervento, peraltro importante e degno di nota perché espresso dalla prima Presidente del Consiglio donna del nostro paese; e perché proprio l’Italia, per una concomitanza di elementi – non tutti casuali, per la verità – ha fatto un indubbio salto di qualità attorno ad un tema che continua ad essere fortemente dibattuto ma che, al contempo, conserva ancora troppe zone d’ombra.
Perché il nocciolo del problema, alla fine, non è soltanto riconducibile al ruolo pubblico che alcune donne riescono a raggiungere grazie alle loro qualità e alla loro determinazione. La sfida, semmai, è quella di prendere atto che non ci sarà più alcun dibattito pubblico e alcuna curiosità se una donna ricopre ruoli importanti nella società. In politica come nell’economia, nelle istituzioni come nel sindacato, nell’università come nelle aziende. Insomma, sin quando discuteremo animatamente sul fatto che una donna ha raggiunto ruoli importanti in uno dei settori cruciali della nostra società non potremmo dire di aver risolto definitivamente il problema. Che è semplicemente quello di riconoscere che c’è una perfetta normalità – se non addirittura una “non notizia” – se una donna o un uomo assumono ruoli apicali nei più disparati settori della società.
Dopodichè, come ovvio, continuano ad esistere problemi, gravi e complessi, che coinvolgono l’universo femminile in Italia e, soprattutto, a livello planetario. Tutti conosciamo la drammatica realtà che investe brutalmente la vita normale delle donne in molti Stati. Violenze disumane, diritti negati, ruoli cancellati, carriere stroncate sul nascere, istruzione conculcata, condizioni di vita drammatiche e via discorrendo. Forse sarebbe opportuno, al riguardo, garantire e lavorare quotidianamente per una maggior sensibilizzazione politica, culturale e sociale. Perché sono proprio quelle condizioni irrisolte e drammatiche a livello mondiale che continuano a porre la “questione della vita delle donne” come un tema che resta al centro dell’agenda politica. E non solo politica.
Per questi motivi, locali e mondiali allo stesso tempo, ritengo che l’8 marzo non debba essere altro che una giornata di riflessione, di approfondimento, di confronto e di grande consapevolezza. Una consapevolezza, però, che sia funzionale all’azione e che sia in grado, al contempo, di modificare lo status quo della condizione attuale. Per questo è indispensabile prendere atto delle coordinate culturali che regolano anche la nostra società e continuare a lavorare affinchè il contesto complessivo migliori. Il tutto,come sempre, con le armi della cultura, dell’esempio e della politica intesa come nuova visione della società.