La rivoluzione è cominciata: l’inattesa alleanza tra Trump e Musk promette di smantellare tutto ciò che è stato costruito dal New Deal (anni ‘30) in poi. L’obiettivo di questo cambiamento radicale coinvolge profondamente la struttura interna dello Stato federale americano e i suoi riflessi internazionali, a partire dall’Europa. La visione proposta, quasi messianica, è che, eliminando le funzioni regolative dello Stato, il capitalismo possa promuovere l’innovazione e inaugurare una nuova età dell’oro per l’America e per il mondo. Tuttavia, il prezzo da pagare è alto perché consiste nel liberarsi in qualche modo dai vincoli della democrazia, vista come il vero ostacolo alla rivoluzione planetaria che porterà i più ricchi sulla Luna e su Marte, mentre il resto dell’umanità osserverà, applaudendo da lontano.
Ma tutto questo ignora un aspetto fondamentale dell’evoluzione umana: la libertà dei singoli e dei popoli di autogovernarsi. Comunque gli “innovatori” alla Tramp e Musk rischiano – per fortuna – di andare incontro a un fallimento, ma con quale costi? In Europa, e noi italiani lo sappiamo bene, la storia insegna che quando un uomo solo detiene il potere assoluto, le conseguenze sono disastrose. E per il mondo intero, non cambierebbe molto con due uomini soli al comando e la loro corte.
Lo smantellamento del New Deal, simbolo dello Stato federale, sarebbe un colpo ben più grave dell’assalto a Capitol Hill promosso da Trump nel 2020 a urne appena chiuse: si tratterebbe di un attacco diretto al cuore stesso dello Stato federale, con il rischio di innescare una rivolta, partendo dai governatori democratici, contro la coppia “vincente”. Il tandem Trump-Musk si muove dunque su un terreno estremamente scivoloso.
Per quanto riguarda l’Europa, è evidente che la “coppia vincente” tenderà ad enfatizzare il disimpegno militare degli Usa e a innescare una possibile guerra commerciale, anche instaurando accordi bilaterali privilegiati, pur di ostacolare il sogno di un’Europa federale. In questo contesto, l’apertura di Ursula von der Leyen alla destra, contro la sua stessa maggioranza, potrebbe sfociare in una crisi istituzionale. Non è un caso che, proprio in questi giorni, un incontro pubblico tra Macron e Draghi, con espliciti apprezzamenti per le politiche dell’ex premier italiano, suggerisca che l’asse franco-tedesco, anche se ammaccato, ritenga auspicabile l’ingresso in campo di un leader del calibro di Draghi per affrontare la sfida posta dall’aggressiva ideologia trumpiiana.
Con queste premesse, l’Occidente rischia di rimanere spettatore nel nuovo ordine mondiale, lasciando spazio alle potenze autoritarie, vecchie e nuove.