Cesare lo avevamo già visto, torvo e silenzioso, passeggiare su e giù per il Senato, meditando sulle sorti della nave ammiraglia affidata alla regina Cleopatra/Meloni. Questa volta, nascosto dietro una colonna dell’ampio portico, la nostra vedetta scorge una figura avvolta in un regale mantello.
Chi passeggia è Cleopatra/Meloni, preda di torvi pensieri e paure: sa che Cesare, presto o tardi, la convocherà, e non sarà per congratularsi.
La regina Cleopatra (l’amata Cleo di Cesare) ripete da mesi che rimarrà salda sulla tolda per altri tre anni. Questo è il patto stretto con Cesare, questo è il suo impegno. Nessuno, dice, potrà smuoverla dalla sedia di comando. Rassicura tutti che la rotta è quella stabilita e che, se qualche deviazione (virata a destra) c’è stata, è per il bene dell’Impero. Il popolo, sostiene, è sempre dalla sua parte.
Ma in realtà, tutti—e Cesare per primo—si sono accorti che quelle rassicurazioni sono rivolte più a sé stessa che agli altri. Un’iniezione di fiducia per convincersi che può farcela: “Sì, io posso farcela, e io sola posso!”
Sola. Ecco la parola che più le rimbomba nella mente. Sola e soltanto. È sola davvero: la masnada di truppa egizia che si è portata dietro continua a combinare guai, uno dopo l’altro. Neppure il suo occhio feroce riesce a contenerli o farli tacere. E Cesare l’aveva avvertita: le truppe abituate al mare di sabbia avrebbero faticato nei mari tempestosi dell’Impero, infestati di briganti e commercianti senza scrupoli. Per governare questa ciurma male assortita, la regina aveva affidato i comandi a due scudieri fidati. Ma col tempo, questi si sono rivelati sempre meno affidabili.
Il problema è che, adesso, hanno perso anche il consenso in patria. Erano stati accolti con acclamazioni dai loro compatrioti, forti di un ampio plauso che li aveva fatti salire a bordo della nave regale, tronfi e spavaldi. Ma dopo due anni di navigazione tra i mari dell’Impero, si sono dimenticati della loro terra d’origine. E lì, ormai, nessuno li acclama più. Le voci che arrivano alla regina non lasciano spazio a dubbi: non piacciono più. Il loro consenso si è ridotto di oltre la metà, un cattivo presagio. All’orizzonte, intanto, si delineano meglio le truppe della svizzera Scheil dei Celti e degli amici-nemici di Cesare, pronti a fare fronte comune.
E i due scudieri sono ancora sulla barca della regina: la loro cattiva sorte rischia di trascinarla verso un approdo infelice, o peggio ancora, verso il naufragio. Gli Egiziani, per ogni evento che accade nella vita, hanno una divinità che ne conosce le ragioni. Sembra che i luogotenenti di Cleo siano sotto il tiro del dio Bes, portatore di cattiva sorte. Forse è il caso di affidarsi al grande dio coccodrillo Sobek, creatore del mondo, affinché torni la buona sorte per la regina e i suoi.
Perché, agli occhi della ciurma, soltanto lei può condurli per mare. E i marinai, nel profondo del loro animo, percepiscono già ciò che la regina deciderà: se ordinare di dare con forza i remi in acqua per affrontare il mare aperto, o continuare a costeggiare la riva al ritmo attuale. Lei lo sa, ma tace. Ogni tanto, scende nei porti amici del vasto Impero. E ogni volta che risale in tolda, una nuova ruga compare sul suo volto candido.