10.2 C
Roma
mercoledì, Febbraio 12, 2025
Home GiornaleContro i consigli della Ditta Bettini-Bersani

Contro i consigli della Ditta Bettini-Bersani

Serve un contenitore ispirato agli esecutivi degasperiani del dopoguerra, con personalità di differenti estrazioni: democristiana, liberaldemocratica, repubblicana e socialdemocratica.

Gentile Direttore,

ormai noi elettori centristi ci siamo quasi abituati, ai membri della Ditta piace decidere cosa dovremmo votare e come ci dovremmo organizzare. 

Il primo a compiere per noi questa scelta fu Goffredo Bettini. Intervistato su vari giornali decise che nel futuro centro sinistra c’era spazio solo per una forza centrista di liberaldemocratici ma non di cattolici. Il secondo a confermare la svolta bettiniana è stato invece Pierluigi Bersani.  

È abbastanza spiacevole quando personalità esterne ad aree politiche si mettono a dire come queste si dovrebbero organizzare. Va anche riconosciuto che finora Elly Schlein, saggiamente, non ha intrapreso questa strada. Per evitare allora che le imposizioni della Ditta diventino realtà, vale la pena spendere alcune parole per criticarle. 

Bettini non è nuovo a proposte politiche molto discutibili per noi centristi. Fu lui a tirare fuori dal cappello la candidatura a sindaco di Ignazio Marino. Sempre lui, contribuì a consacrare come fortissimo punto di riferimento dei progressisti Giuseppe Conte, che fino a pochi secondi prima camminava a braccetto con Salvini. 

All’ex segretario del Pd invece bisogna riconoscere il coraggio politico e la bontà delle scelte compiute da ministro nei vari esecutivi, in primis le famose lenzuolate di liberalizzazioni che rimangono un esempio di riformismo, tra i pochi in Italia.

Tuttavia, Bersani non esitò a lasciare i democratici, quando si sentì a disagio durante gli anni renziani. Ora, mi chiedo, se gli ex comunisti erano legittimati ad uscire dal partito quando non erano rappresentate le loro idee, perché oggi gli elettori cattolici delusi dai democratici non potrebbero voler guardare e cercare una casa fuori dal Pd?

Inoltre, vorrei ricordare ai membri della Ditta che, sin dalle scorse elezioni, il Pd era già alleato con un partito che rappresenta a pieno titolo gli elettori liberaldemocratici laici e non provenienti dall’area cattolica: ci riferiamo ovviamente a +Europa. 

Nonostante questa presenza di incredibile spessore e di valore (dovuta in primis alla bravura e alla tempra di Emma Bonino), non tutti gli elettori centristi si riconoscono nell’attuale offerta politica del centro sinistra, anche se si oppongono alle politiche meloniane. Se, per essere competitivo contro il centro destra, il centro sinistra vuole allargare veramente la sua base elettorale, i consigli che provengono dalla Ditta è meglio che non vengano ascoltati.  Altrimenti, il vero rischio è che gli elettori centristi, non riconoscendosi negli attuali partiti del campo largo, o non andranno a votare o voteranno per il centro destra, dove tra Forza Italia e Noi moderati l’offerta non scarseggia.

Affinché il centro sinistra possa essere attrattivo per questi elettori serve agire sull’offerta sia partitica sia programmatica. Sull’offerta partitica, perché serve un nuovo contenitore capace di attrarre gli elettori che si riconoscono in un centrismo riformista di governo. 

Un contenitore ispirato agli esecutivi degasperiani del dopoguerra, con personalità di differenti estrazioni: democristiana, liberaldemocratica, repubblicana e socialdemocratica.

Ma ciò non basta, il programma elettorale della futura coalizione dovrebbe accogliere anche le nostre istanze e le nostre idee, altrimenti l’operazione solamente partitica sarebbe un mero specchietto per le allodole. Allora, piuttosto che non veder riconosciute le proprie idee, sarebbe meglio correre in autonomia.