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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Suggestioni e limiti dell’iniziativa di Comunità Democratica

A Milano si guarderà oltre il Pd? C’è spazio per un’azione che accolga e valorizzi le tante energie disperse dell’universo cattolico, per dare slancio a un nuovo pensiero sui grandi temi del nostro tempo.

Cosa possiamo aspettarci dal convegno di Milano che inaugurerà sabato prossimo la nuova componente – interna ed esterna al Pd, come ha fatto intendere Graziano Delrio nel comunicato stampa di lancio – cui si è voluto dare il nome evocativo di “Comunità Democratica”? Non c’è dubbio che una ripresa d’iniziativa nel segno del cattolicesimo popolare debba essere salutata con rispetto e interesse. Nulla però è dato per scontato: immaginare che un convegno, solo perché mette in mostra un intento di rimobilitazione più marcato, rilanci di per sé la presenza dei cattolici schierati a sinistra è perlomeno azzardato. Si tratta di capire, anzi di verificare in concreto, quale indirizzo prevarrà nel corso del dibattito milanese.

Il logoramento della posizione cattolico democratica è il risultato di molti anni di involuzione del Pd, spinto oramai da Elly Schlein a misurarsi su un terreno di convergenza e competizione con il partito di Conte. Per questo i margini per recuperare – altri direbbero inverare – le ragioni ideali della lezione di Sturzo, De Gasperi e Moro appaiono ridotti a pallida chimera. Illudersi che qualche dichiarazione benevola, tanto per celebrare il ruolo dei cristiani nel quadro di un partito a impronta socialista, sia sufficiente a invertire la rotta non è una dimostrazione di sano realismo.

Oggi il compito dei cattolici democratici non consiste nel dare copertura a una sinistra che stenta a trovare il bandolo della sua tessitura politica e programmatica. Basterebbe chiedersi che cosa rappresenti il termine “socialista”, constatandone facilmente la consunzione ideologica anche a fronte di un tentativo di rigenerazione affidato a un certo radicalismo etico, per tenere un atteggiamento di prudenza, se non anche di vera e propria diffidenza. Dovrebbe farsi strada, dopo anni di sostanziale delusione, la riflessione circa la necessità di andare oltre la logica dello “stare insieme” a tutti i costi, confondendo il rapporto di collaborazione con la camicia di forza dell’unità nel “partito unico dei riformisti”.

Invece, guardando oltre gli attuali recinti, c’è spazio per un’azione che accolga e valorizzi le tante energie disperse dell’universo cattolico, per dare slancio a un nuovo pensiero sui grandi temi del nostro tempo. Sappiamo quante preoccupazioni gravano sullo stato della democrazia. È una questione che induce a meditare sul lento rifugiarsi prima nell’indifferenza e poi nella rabbia di ampie fasce di popolazione. Ebbene, se la democrazia rischia lo svuotamento, assottigliando sempre più l’autonomia dei corpi intermedi e cedendo via via allo strapotere di inedite concentrazioni economiche e finanziarie, la parola del cattolicesimo democratico deve risuonare più forte e limpida che mai; insomma, deve farsi vessillo di una nuova presa di coscienza collettiva. 

Ma per fare cosa, organizzare un nuovo partito? Per adesso non lasciamoci intrappolare nel labirinto di obiezioni e controbiezioni, conta piuttosto aprire un varco affinché la catena di idee sparse possa trasformarsi in un primo, essenziale e costruttivo messaggio politico. Poi si vedrà.