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venerdì, Marzo 14, 2025
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Nuova spinta dell’ONU per l’unità libica, ma persistono le divisioni.

È terra di contrasti dove la storia sussurra tra le rovine di antiche civiltà. La Libia è diventata un terreno di scontro per potenze regionali e globali, ciascuna con i propri interessi strategici.

Dopo la rivoluzione del 2011, la Libia ha affrontato un profondo vuoto di potere che ha portato a una frammentazione politica significativa. Diverse fazioni e governi rivali si sono contesi il controllo del Paese, generando conflitti armati e violenze diffuse. Attualmente, la Libia è divisa principalmente tra il Governo di Unione Nazionale (GNU), con sede a Tripoli, e l’Amministrazione ad interim della Libia orientale. Questa divisione perpetua uno stato di confusione e disordine, ostacolando qualsiasi forma di governance efficace e sostenibile.

Uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla mancanza di un dialogo politico sincero tra le diverse fazioni. I colloqui mediati dalla comunità internazionale, incluso il piano delle Nazioni Unite per le elezioni, hanno finora prodotto risultati limitati. Proprio in questo contesto, Stephanie Williams, inviata speciale dell’ONU per la Libia, ha recentemente incontrato a Bengasi il presidente della Camera dei rappresentanti, Aguila Saleh. Durante l’incontro, Williams ha sottolineato l’urgenza di formare un governo unificato e di organizzare elezioni nazionali per riportare stabilità nel Paese.

Entrambi i leader hanno ribadito l’importanza di rispettare i diritti umani e di garantire responsabilità per eventuali violazioni. Tra i temi discussi, particolare attenzione è stata riservata alla controversa Legge di riconciliazione nazionale. Questa legge, approvata dalla Camera a Bengasi, è fortemente contestata a Tripoli. Il Consiglio presidenziale, un altro organo di governo, sostiene che la legge debba essere adottata nella versione da esso proposta, mentre la Camera insiste sulla propria autonomia legislativa. La proposta di riconciliazione, avviata nel 2021, punta a organizzare una conferenza inclusiva con il supporto della comunità internazionale. Tuttavia, i disaccordi tra le fazioni politiche continuano a ostacolare il progresso verso un accordo duraturo.

Un ulteriore fattore che complica la situazione è l’ingerenza straniera. La Libia è diventata un terreno di scontro per potenze regionali e globali, ciascuna con i propri interessi strategici. Paesi come Turchia, Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto hanno sostenuto vari gruppi armati, alimentando ulteriormente il conflitto e rendendo ancora più difficile una risoluzione pacifica. Questa ingerenza esterna ha acuito la sfiducia tra le fazioni interne, minando gli sforzi per costruire una sovranità nazionale autentica.

In questo scenario, fra Tripoli e Bengasi si sta giocando una complessa partita a scacchi su diversi livelli, sia economici che geopolitici. Solo l’ENI attualmente sembra che continui a esercitare una notevole influenza. 

E anche se può sembrare positivo per l’Italia questo clima di incertezza politico libico la stabilità, invece, è cruciale per l’intera regione mediterranea.