Mario Draghi, da tempo figura chiave per la costruzione di una nuova Europa, è oggi il leader più accreditato per salvarla dall’autolesionismo giustificazionista di chi si sente orfano del grande Occidente democratico. La fine dell’egemonia occidentale è segnata dalla svolta strategica degli Stati Uniti, che – almeno allo stato attuale – sembrano meno impegnati a garantire la stabilità globale.
Eppure, nel secolo scorso, gli Usa hanno giocato un ruolo determinante nel liberare l’Europa da tre dittature con aspirazioni mondiali: nazismo, fascismo e comunismo. Pensare che il declino dell’Occidente sia ormai inevitabile è prematuro: una struttura democratica così consolidata non può dissolversi per una semplice amnesia collettiva.
Un nuovo ordine mondiale senza una visione?
I quattro anni di presidenza Trump non rappresentano un’eternità, ma intanto segnano una frattura. Oggi, di fronte a colossi come la Cina, pronta a imporsi “costi quel che costi”, non si può costruire un nuovo ordine mondiale senza un’idea di fondo: la libertà dei popoli non può basarsi sulla concentrazione imperiale, ma su grandi e piccole sfere di autonomie – ancora le nazioni e domani, più compiutamente, le realtà sovranazionali.
In questo scenario, l’Europa non può permettersi di smarrire la propria identità democratica, né di cedere al fatalismo.
Draghi, interlocutore ideale di un’America federale
Oggi più che mai serve un’autorità morale e politica come quella riconoscibile nella persona di Mario Draghi. Lontano anni luce da figure come Elon Musk, il plutocrate per eccellenza dell’era Trump, l’ex presidente della Bce può rappresentare l’interlocutore ideale di un’America ancora viva: quella federale e democratica, che per decenni è stata un modello per tutti.
Invertire la rotta dell’autarchia trumpiana non è impossibile. Le elezioni di midterm, previste nella Costituzione americana proprio per verificare la sintonia tra governo e paese, offrono un’occasione concreta per correggere la deriva.
Una mobilitazione necessaria
La classe dirigente europea – soprattutto quella culturale, scientifica ed economica – deve mobilitarsi. Se pluralista e liberale, può contribuire al “miracolo” di un ravvedimento politico, a breve termine, del popolo americano. L’Occidente non è ancora sconfitto, ma ha bisogno di una leadership capace di restituire senso e direzione a un progetto che ha garantito libertà e prosperità. Draghi è l’uomo giusto per questa sfida.