Un progetto per una sintesi liberale, cristiana e riformista.

Nel campo largo è insita la subalternità al partito dominante. Serve piuttosto una forza plurale, confederata ed antifascista, capace di fare sintesi sulla scia dei valori liberali, cristiani e riformisti.

Prendo spunto dal pregevole articolo di ieri su questo giornale, di Ettore Bonalberti:” La risposta alle destre è nella Costituzione”, per rilevare alcune cruciali considerazioni.

Intanto per condividere la premessa di base che pone nella Costituzione il collante e la rotta per una politica coerente che contrasti l’avanzata delle destre.

È questo il sentiero ineludibile che da tempo motiva l’azione politica di quella parte del mondo cattolico-riformista allarmato dalla massiccia offensiva che questa maggioranza, in mano a forze di destra, sempre più reazionarie, illiberali ed antidemocratiche, ha scatenato contro i punti cruciali(centralità del parlamento, principio di uguaglianza ed autonomie regionali) che caratterizzano il nostro impianto costituzionale.

Il quadrante internazionale e gli inediti mutamenti, soprattutto in politica estera da degli Usa 

Ma ancor più allarmante appare, senza alcun dubbio, il quadrante internazionale dominato da autocrati con pochi scrupoli che fanno dell’agire, senza o sopra le regole, il senso della loro ragione politica.

Mai però ci saremmo aspettati l’inedita torsione della politica estera degli Stati Uniti, sia nei metodi che negli obiettivi geopolitici generali.

L’inatteso cambio di rotta del nuovo presidente Donald Trump, che inopinatamente con le sue ruvide esternazioni ha legittimato la strategia di Putin, reso quasi come la vittima di una guerra che Trump addebita alla responsabilità di Zelensky, la dice lunga sulle nuove sensibilità “democratiche” che si sono insediate alla Casa Bianca.

Venendo alle questioni più stringenti che il ragionamento di Bonalberti evidenzia, si impone in primo luogo di affrontare la questione della frammentazione che ancora affligge la galassia democristiana.

Nel contesto geopolitico attuale, con venti di guerra non sopiti abbastanza, e il completo ribaltamento delle politiche atlantiste, a tutto vantaggio di un nuovo ordine mondiale fondato sulla spartizione mercantilista ed imperialista dei continenti e dei popoli più deboli, a mio giudizio, la questione non mostra più alcuna significativa rilevanza politica.

Le torsioni della nuova Dc nella scelta di campo organica alla maggioranza, dominata da destre illiberali.

Intanto c’è un dato che non possiamo ignorare. Ossia il fatto che l’attuale partito che rivendica la continuazione con la cinquantennale esperienza che fu della Democrazia Cristiana, per quanto partito mai sciolto, con le recenti scelte di campo, che il suo segretario, non ha fatto velo a qualificare come organiche e strutturali alle politiche di questa maggioranza caratterizzata dalla strenua competizione tra una destra nostalgica e illiberale e una destra iper liberista e anti solidarista, ha reso oggettivamente incompatibile la pretesa di accreditarsi come autentico erede di quell’esperienza politica interrotta di fatto dopo gli eventi del ‘92/93.

Le frammentazioni come leitmotiv della galassia democristiana 

A ciò si aggiunga la peculiarità di un reiterato procedere, all’interno dell’area cattolica, in ordine sparso, come lo stesso Bonalberti mette in chiara evidenza: “…Da un lato, Tempi Nuovi persegue un confronto con il Pd; dall’altro, Gianfranco Rotondi tenta di rilanciare una nuova Democrazia Cristiana, rimanendo però saldo nella sua scelta di campo a destra con Meloni. Giorgio Merlo, con Scelta Popolare, punta invece a un’aggregazione centrista con Forza Italia, espressione ufficiale del Ppe..”

E, non fa certamente da contraltare, il prevedibile epilogo cui sembra andare incontro il tentativo di ricomposizione proposto di recente, in seno alla vigente controversia davanti al Tribunale di Avellino, su nome e simbolo della Dc: che, come è noto sono appannaggio di due diverse forze, da una parte, quanto è possibile intravedere attorno all’on. Rotondi, che pur rivendicando la titolarità del nome non intende mettere in discussione la sua collocazione in FdI; dall’altra l’Udc che continua a ritenersi titolare, anche in forza di pronunce giurisprudenziali, dell’uso del simbolo, ma, al momento, non pare disponibile ad un passo indietro per favorire la riorganizzazione, a pieno titolo, dell’azione politica di una ricomposta Dc.

In un quadro così magmatico non giova di certo con favore tanta frammentazione.

Da sinistra a destra, cercando il centro

Così come non entusiasmano di certo certe peregrinazioni da sinistra a destra – definite inaspettatamente da Bonalberti “ tentativo lodevole” pur mostrando scetticismo sulla riuscita – verso una forza politica (FI) il cui segretario, Tajani – del quale finora non abbiamo letto alcuna netta presa di distanza dalla dottrina Trump – è stato implicitamente sfiduciato, tanto sui temi di politica estera, che interna, da Marina Berlusconi, erede del partito fondato dal Cavaliere.

Vien da chiedersi, nel nuovo percorso dell’autorevole e noto commentatore ed esponente di quel nobile patrimonio di cui fu leader Donat-Cattin, che notoriamente guardava stabilmente a sinistra, quale trasfigurazione può subire, e a quali approdi può giungere, nel più ampio quadrante della riaggregazione dell’area cattolica, per convincerci del senso politico di così inopinata torsione ideologica?

Davvero una matassa assai aggrovigliata che ad oggi non riesce a trovare alcuno sbocco credibile e coerente.

Nessun vero democristiano oggi troverebbe valide giustificazioni su queste inopinate acrobazie

Di certo non un quadro che entusiasmi chi si attendeva un processo aggregativo meno aggrovigliato in ammennicoli metodologici così defatiganti.

Scenario ancor più compromesso da una serie di iniziative inconcludenti, per l’oggettiva incapacità, evidentemente, di saper superare tutti quegli ostacoli di metodo,più ancora che di contenuti, tra chi intendeva partire dalle alleanze, chi dai programmi, chi da un federatore, che hanno finito per impedire un minimo di intese sull’iter comune per giungere alla ricomposizione di un area identitaria comune.

Non sembra avere, a questo punto, proiezione una nuova versione della Dc

Con l’unico risultato di aver fatto perdere linfa e smalto al persistente tentativo di riaggregazione di una nuova Dc, cosa che oramai non appare che anacronistico,

È, perciò, di tutta evidenza che continuare su questa strada vuol dire mandare alle ortiche un patrimonio di ideali e di valori, espressione di un Umanesimo sociale ed economico, senza confini.

È, a questo punto, nella contingenza di una situazione geopolitica assai mutata, ove si annidano, ad opera delle demagogie populiste delle destre europee e di una bellicosa e sfrontata deriva imperialista americana, insidie sempre più temibili per le democrazie occidentali, una sfida così impegnativa  non può lasciarsi avvitare attorno a iniziative sparse e scoordinate, ove non possiamo escludere mire prettamente personali.

Un diverso appeal per una formazione confederata che faccia sintesi, nel rispetto delle diverse identità, dei valori liberali, cristiani e riformisti

Occorre, invece, senza perdere altro tempo, trovare un diverso appeal, concentrandosi verso un quadro di convergenze comuni con le culture liberali e riformiste in difesa dei valori della democrazia e della Carta Costituzionale.

Processo che presuppone l’abbandono di ogni velleitaria (allo stato delle cose)idea di rifare la Dc.

A che servirebbe un partito cattolico, o di soli cattolici, in questa inalterabile quadro di bipolarismo sempre più estremizzato, per fare da piccolo cespuglio, incapace di assicurarsi un ruolo da protagonista autorevole, come fu, a suo tempo, la Dc di De Gasperi e Moro.

Forse puntare a costruire un organismo composito di forze, non nell’idea del campo largo, ove è insita la subalternità al partito dominante, ma più incline a una sorta di forza plurale, confederata, riformista ed antifascista, capace di fare sintesi sulla scia dei valori liberali, cristiani e riformisti, come peraltro si fece, nel ‘46, durante la fase costituente, pur nell’autonomia delle diverse culture, sul piano delle intese politiche.

Fare argine permanente ad ogni deriva autocratica

Ovviamente prefigurando un quadro di alleanze che facciano da argine permanente e da contrasto solido ad ogni deriva autocratica. Già, peraltro in atto, con il corrente tentativo di destrutturare e ridefinire, con il progetto governativo di legge costituzionale sul premierato, e con le norme attuative sull’Autonomia differenziata, già filtrate dai tanti vizi costituzionali, con la recente pronuncia dell’Alta Corte, gli assetti cruciali della nostra Carta fondamentale.