La nostra Democrazia sta rischiando di perdere il suo carisma e di smarrire il suo popolo. Per questo sono importanti tutte le iniziative che puntano a ricostruire il valore della Comunità e a riproporre il senso dell’impegno sociale e politico come forma di responsabilità e di solidarietà. Ed è meritorio il lavoro che molti fanno in questa dimensione che punta a far crescere una domanda politica più esigente e consapevole.
Occorre però anche costruire una buona offerta politica, capace convincere le persone e le varie aggregazioni comunitarie. Sopratutto quelle che oggi non votano o si rassegnano alle lusinghe populiste. L’offerta politica italiana è oggi largamente carente e questo non possiamo addebitarlo a chi c’e in campo, ma a chi non c’è. Se il sonno della ragione genera mostri, quello del Popolarismo genera populisti. Parlo del Popolarismo inteso non come ideologia o suggestione neo confessionale: e men che meno come nostalgia delle antiche formule che ormai appartengono alla Storia. Ne parlo come cultura politica capace di tenere assieme la Comunità; di condividere paure e inquietudini del popolo e di condurle sul sentiero della Democrazia, avendo sempre la bussola del primato della persona e del suo rapporto comunitario, non quella dell’individuo nella sua solitudine. Capace di moderazione nei comportanti ma di radicalitá nella affermazione dei diritti sociali; di testimoniare che la Politica ritrova la sua dignità solo se esercita il suo ruolo di guida – con la saggezza chiesta dal Re Salomone – non di comando o di rincorsa delle pulsioni momentanee della pubblica opinione. Una cultura politica che abbia il coraggio della anticipazione, anche contro corrente: quel coraggio che aveva Nino Andreatta, nostro conterraneo, del quale proprio ieri la nostra Università ha ricordato il 25° anniversario del forzato silenzio.
Una cultura politica che non balbetta difronte alla scelta tra Europa non Europa. Dunque: che cosa vogliamo aspettare ancora? Di quali altri segnali di degrado del Paese e della Democrazia abbiamo bisogno ancora per decidere che le tante esperienze territoriali di quello che potremmo definire Nuovo Popolarismo devono avere una loro rappresentanza ed un loro “ubi consistam” anche nazionale? E per far sì che anche le tante micro iniziative nazionali in questo campo trovino un nuovo terreno comune?
Siamo sinceri. Il problema non è il bipolarismo. Il problema è che il bipolarismo oggi è privo di una forza politica di nuova concezione organizzativa (federativa, non centralistica e men che meno proprietaria) e di nuova impostazione ideale e programmatica. Occorre con generosità lavorare alla costruzione di una nuova proposta politica: che sia cosciente della sua identità e priva di ambiguità circa i suoi possibili alleati ed i suoi irriducibili avversari, che ci sono ben noti.
Non ci sono scorciatoie, se non quelle della abiura di un dovere morale prima che politico. Questa deriva non si ferma solo con le antiche parole d’ordine del progressismo tradizionale. Il Novecento è finito. La Destra lo ha capito e si è a suo modo rigenerata. Il campo che Destra non è, ancora no. Tocca anche a noi questo sforzo. Culturale, politico, ma anche, appena possibile, organizzativo.
Il mio auspicio è che questo incontro possa dare il suo contributo ad un percorso che vada in questa direzione. Con il cuore e la mente verso il futuro e non verso il passato. Fuori dalle alchimie astratte tipiche dei palazzi romani, ma coerente con il principio della “piramide rovesciata”. Ed anche con forme inedite, capaci di reinterpretare ciò che la nostra Costituzione prevede all’articolo 49.
Un percorso oggi ancora agli albori, che non sarà né facile né scontato. Ma cosa abbiamo da perdere se non la dolorosa inquietudine che ci assilla nel vedere il declino della nostra Democrazia? Se non il rischio della rassegnazione difronte ad una Destra impotabile e ad una opposizione confusa ed incerta perfino sulle cose che più contano, come la politica estera? Speriamo che anche questa mattinata trentina ci aiuti a far crescere il coraggio e la convinzione di provarci sul serio.