Alcuni anni fa un articolo di Time – “Wanted people Renaissance” – descriveva un’America che guardava alla storia e alla cultura dell’Europa: l’avvento dirompente della tecnologia negli stili di vita e nel modo di pensare suggeriva una riscoperta delle radici profonde della civiltà ereditata dal vecchio continente che Umanesimo e Rinascimento avevano ben rappresentato esprimendo valori universali.
Quanto sia cambiata questa consonanza ideale di una parte dell’America lo si può riscontrare dalle parole e dalle azioni dell’establishment che da un paio di mesi la rappresenta. Il paventato abbandono dell’alleanza atlantica e la sottostima degli organismi internazionali di cui gli USA hanno fatto parte come simbolo di appartenenza ai consessi delle democrazie occidentali sono accompagnati dalla marginalizzazione e dal disprezzo (‘l’Europa ci ha truffati’), sentimenti di rancore e distacco mai ascoltati dal dopoguerra ai giorni nostri.
Il trattamento riservato all’Europa fa il paio con il disimpegno americano – un vanto personale di Trump – nei confronti dell’Ucraina: è una faccenda che riguarda l’U.E., per questo il sostegno militare e soprattutto il servizio di intelligence sono stati ritirati con una sovraesposizione drammatica e immediata di Kyiv e del suo esercito, continuamente e ininterrottamente sottoposti a bombardamenti di missili e droni diventati di colpo inintercettabili: ciò accade unilateralmente da oltre tre anni perché la Russia non ha mai smesso di attaccare, disponibile – a parole – a spiragli di trattativa rigorosamente alle proprie condizioni.
Il bilaterale Usa-Ucraina a Gedda si è svolto in un clima di timido ottimismo, ma la proposta di tregua è stata accolta con ambiguità da Putin. Washington ha riaperto l’ombrello militare a favore di Kyiv anche se Trump sembra nell’immediato più preoccupato a stringere i tempi sull’acquisizione delle “terre rare”. Ciò per compensare gli aiuti in armi e munizioni elargiti dal suo predecessore Biden, oltre che a dispensare dazi e misure commerciali restrittive, rivendicando l’aggregazione del Canada e della Groenlandia (dove le elezioni hanno premiato la destra e i nazionalisti-indipendentisti).
Si aggiunga la scure incombente minacciata da Musk che ha ventilato l’ipotesi di ‘staccare’ Starlink lasciando isolato e perdente il Paese aggredito e stremato (‘senza Starlink crolla il fronte’, anche se poi questa minaccia pare sia stata revocata).
Nonostante ciò, c’è chi auspica di cedere proprio a X e Starlink le nostre reti satellitari. Circola sul web il video di un intervento al Parlamento francese del Senatore Claude Malhuret che sostiene apertamente, pur senza farne menzione, la linea di Macron: un attacco inusitato che nelle Camere italiane non si è finora ascoltato. ‘Trump è un Nerone incendiario circondato da cortigiani sottomessi e da un buffone sotto ketamina’: si tratta dello stesso consigliere e coordinatore della politica di governo di Washington che qualcuno ha definito un genio, tanto che – per dimostrarlo – pare abbia chiesto di incontrare Mattarella. Dopo il tranello della messinscena mediatica alla Casa Bianca, Trump continua a battere il chiodo di uno Zelensky “che non ha le carte”: un linguaggio da gioco d’azzardo che è strategia condivisa dall’oligarchia tecnocratica e negazionista e dai vari think tank conservatori e ultranazionalisti che sostengono il Presidente USA.
Parole mai dette, stile aggressivo e spietato, cinismo eloquente che non tiene conto da un lato della radicata amicizia tra Stati Uniti ed Europa e dall’altro dell’evidenza palese che il filoputinismo dimentica: l’Ucraina è un Paese aggredito, la Russia un Paese aggressore. Il disegno di una nuova Yalta a matrice tripolare è fin troppo evidente: con Mosca e Pechino ci si spartirà il mondo, le autocrazie divoreranno le democrazie fino ad annientare la loro sfera di influenza.
‘Dite una preghiera’ in nome della pace, scriveva in un editoriale Michele Serra che ora porterà in piazza una moltitudine multicolore comprendente aspiranti pacifisti, difensori dell’Europa e monsignori di Voltaire: ci saranno infatti anche coloro che stanno predicando il disarmo e il disimpegno, in nome della coesione sociale e delle bollette.
L’iniziativa è lodevole e concede visibilità purchè non finisca nel solito, mesto sventolio di bandiere.
La politica si divide infatti sul piano di difesa e riarmo (si può dire questa parola?) ipotizzato da Ursula Von der Leyen. Bisogna tuttavia tener conto che, vinta la guerra in Ucraina e smembrato quel Paese, Putin non si fermerà: Moldavia, Romania e Paesi Baltici sono già sotto mira. Ma intanto insieme alla carneficina che ha tinto di rosso sangue questi tre anni di massacro dell’Ucraina si profila un disimpegno USA verso l’Occidente, in nome dell’America first, accompagnato dai satelliti e dall’intelligenza artificiale: il pericolo di una scomparsa dell’Europa (che sogna un allargamento dai 27 ai 37 Stati membri) è reale sotto l’egida del ‘virtuale’ che solidarizza con il megafono stonato della propaganda filoputiniana.
Una strategia tutta da intuire in nome della ‘realtà aumentata’, che potrebbe mettere in mano ai tecnocrati e ai despoti la nostra millenaria civiltà.