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martedì, Marzo 18, 2025
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L’Europa di De Gasperi, attuale orizzonte ideale dei cattolici democratici

Ci vogliono nuove e chiare idee ricostruttive. A piazza del Popolo c’erano tanti cattolici democratici che laicamente hanno applaudito tanti interventi di culture diverse ma integrabili nella comune visione sociale e democratica europea.

Non c’è molto da meravigliarsi se la grande piazza del Popolo colma di gente non si sia esplicitamente riconosciuta nella grandiosa opera politica di Alcide De Gasperi. Michele Serra per primo, pur bravo giornalista, difficilmente avrebbe saputo introdurre questo argomento oltre il titolo.

Dunque perché questo oblio e chi sono i principali responsabili di questa situazione?

De Gasperi, come altri grandissimi uomini, morì troppo presto, nell’estate del 1954, senza aver pienamente portato a compimento il suo disegno politico. Il suo oblio politico fu rapido. Il suo cattolicesimo democratico, profondamente laico e liberale, la sua indomita autonomia di pensiero – prima, durante e dopo il fascismo – aveva già creato un muro, più o meno visibile, tra la sua impegnativa eredità politica e larga parte dell’ambiente democratico cristiano imprigionato nella comoda gabbia ideologica della guerra fredda e per l’altrettanto gradita ingerenza vaticana desiderosa di maggiore controllo e soggezione. Le scorie del fallito tentativo clerico-fascista per la conquista del Campidoglio – uno dei momenti meno lucidi della vita politica di Sturzo, che De Gasperi aveva fermamente contrastato – contribuivano ancora a rafforzare le fila di quanti, amici e avversari, avevano profonda avversità per il leader trentino.

Pochi mesi prima della morte De Gasperi aveva pronunciato a Parigi, al Consiglio d’Europa, il suo testamento europeista dal titolo inequivocabile “La nostra Patria Europa”. In quel discorso aveva anche indicato il cammino politico della pace: “Certo, le alleanze difensive e soprattutto gli armamenti che ne sono la conseguenza, costituiscono una dura necessità preliminare…Ma, appena saranno state prese le precauzioni necessarie al mantenimento della pace, bisogna riconoscere che la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea… che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva”. E poi concludeva anche sottolineando come nessuna delle tre grandi famiglie ideali – il liberalismo, il socialismo e il cristianesimo – poteva “pretendere di trasformarsi da sola in idea dominante ed unica dell’architettura e della vitalità della nuova Europa, ma queste tre tendenze opposte debbono insieme contribuire a creare questa idea e ad alimentare il libero e progressivo sviluppo”. 

Questo lucido discorso, insieme a quelli di Mazzini e di Spinelli, poteva davvero ben figurare dal palco di piazza del Popolo. Purtroppo il mondo cattolico democratico ha perso la voce, non ha più intellettuali, né politici in grado di imporsi con autorevolezza, non per lottizzare la scaletta degli interventi ma perché naturalmente riconosciuti come espressione politica della nostra storia migliore.

Il rapimento e la scomparsa di Aldo Moro – unico vero erede politico di De Gasperi, unico leader capace di dare una rotta decisa e salda alla corazzata democratico-cristiana – hanno messo come una pietra tombale sulla vicenda e la voce dei cattolici democratici, malgrado i generosi sforzi del vasto gruppo di intellettuali e giovani raccolti intorno a Pietro Scoppola alla fine degli anni Settanta, che chiedevano un genuino rinnovamento della Democrazia cristiana, con l’aperura a giovani vivaci, con uno sforzo di formazione politica costante, con una attenzione alla elaborazione di cultura politica e di politiche culturali per affrontare i fenomeni e i processi di modernizzazione.

Purtroppo anche in quegli anni prevalse un supino atlantismo privo di europeismo politico, una postura di galleggiamento nel moderatismo che fu la vera camera a gas finale dell’esperienza politica della Dc. L’entrata in scena di Berlusconi, con il sostegno decisivo delle ex milizie fasciste e missine, con l’autoproclamazione di sé stesso come erede di De Gasperi, ha rappresentato il momento più basso di questa storia. Sulla provvidenziale zattera lanciata dai Popolari con Gerardo Bianco e Franco Marini sono saliti in tanti, cattolici popolari e democratici, ma anche liberali e socialisti.

La scomparsa anche di questi leader capaci di segnare ancora una continuità politica credibile ha aperto un vero deserto da attraversare, non sappiamo quanto grande. Il Partito democratico, certo assai indebolito nei numeri e nella proposta, rappresenta tuttavia oggi l’argine indispensabile, insieme e intorno al quale raccogliere le forze e suscitarne di nuove per ribaltare la prospettiva politica. L’Europa ne ha bisogno. Ci vogliono nuove e chiare idee ricostruttive. Che insieme alle fondamenta di questa storia offrano anche le soluzioni e gli aggiustamenti necessari per superare le paure e le difficoltà di oggi, non più gravi di quelle di ieri. 

Le vicende americane, con il periodico rinchiudersi dello zio Sam su sé stesso, possono paradossalmente aiutare. L’Europa è chiamata a fare passi avanti da sola, a darsi una politica estera e di difesa comune (con comuni e integrati programmi di riarmo), a promuovere una politica della sicurezza nella vita civile e produttiva, capace anche di integrare i milioni di immigrati che servono nei prossimi anni per la nostra stessa vita economica e per la nostra organizzazione sociale.

De Gasperi è più vivo e attuale che mai. Bisogna dargli voce e nuova incarnazione. A piazza del Popolo c’erano tanti cattolici democratici che laicamente hanno applaudito tanti interventi di culture diverse ma integrabili nella comune visione sociale e democratica europea. Ci vuole più coraggio nel contrastare i veri avversari che non erano certo in quella piazza. Ci vuole una nuova convinzione circa il fatto che sono l’America e l’Asia ad aver bisogno del nostro dialogo e della nostra cooperazione. Difendersi, armarsi contro ogni possibile violenza nazionalista, ma mai chiudersi, mai rinunciare a proporre la nostra idea di giustizia sociale, di libertà e di democrazia che tutti i popoli, anche quando piegati da dittature e neocolonialismi, guardano con ammirazione e speranza.