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martedì, Marzo 18, 2025
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Fermezza e gradualità: ipocrita parlare di esercito europeo subito

Grave l’errore del Pd. La Presidente Meloni andava sfidata sul terreno della Difesa europea. Invece non è accaduto. Su temi sempre più centrali dell’Europa e del suo futuro, l’Italia appare distonica e confusa.

Il Centro Sinistra italiano ed in particolare il Partito Democratico avevano un argomento forte sul quale mettere in difficoltà la Presidente Meloni (ed aiutare il Paese) in questa drammatica fase internazionale: essere nel gruppo di testa del progetto di rafforzamento politico e militare dell’Europa, dopo le involuzioni del disordine mondiale aggravato dall’imperialismo di Putin e dalla elezione di Trump. 

Bastava aderire alle posizioni assunte dalle principali forze europeiste in queste settimane, cogliendo il senso – al di là delle sfumature e delle eventuali ragionevoli osservazioni tecniche – dello stesso posizionamento dei Verdi Tedeschi, oltre che dei Popolari, dei Socialisti Europei e delle formazioni di ispirazione liberal democratica che si rifanno al Presidente Macron.

La Presidente Meloni andava sfidata su questo terreno. Invece non è accaduto. É paradossalmente lei che sfida il Pd, visto lo psicodramma della sinistra italiana dopo la proposta della Presidente Von del Leyen. 

Ciò ha offerto purtroppo alla Presidente Meloni una triplice insperata opportunità: apparire più europeista del Pd nel voto all’Europarlamento; mettere in secondo piano le pesanti contraddizioni della sua coalizione; preparare, nel contempo, un nuovo viaggio a Washington per cercare di rafforzare il suo (improbabile, peraltro) ruolo di “pontiere” tra Europa e Stati Uniti.

Nel frattempo c’è stata la Piazza di Roma di sabato. É stata bella e importante come espressione di una “domanda” popolare di Europa. Bene. Anzi, benissimo. 

Ma non è stata la “risposta”. Quella spetta infatti alla Politica. Che a Roma sabato non ha offerto indicazioni unitarie, credibili e convincenti, al di là di un europeismo astratto e generico. 

Come ha scritto Lucio D’Ubaldo, non si è manco citato Alcide Degasperi. E la questione dell’Ucraina è rimasta molto, troppo, sullo sfondo. Citare Degasperi significava richiamare una classe dirigente che – dopo la seconda guerra mondiale – non aveva solo filosofato sull’idea di Europa, ma ne aveva costruito la forma allora possibile, con coraggio, realismo e lungimiranza. 

Citare l’Ucraina significava dichiarare che non esiste oggi europeismo credibile glissando sul tema della sicurezza e della libertà di quel Paese – del resto candidato ufficialmente all’ingresso nella UE – e su quello di una Pace che non faccia a pugni con il valore della Giustizia e del Diritto Internazionale.  Serve meno ipocrisia. Del tipo: sì al rafforzamento dei dispositivi militari solo se e quando ci sarà un “Esercito Europeo”. 

Doppia ipocrisia, peraltro. La prima, se ne viene fatto un problema di tipo etico: le armi sono tali a prescindere da chi le acquista e le gestisce. 

La seconda, se stiamo sul piano politico-istituzionale: tutti sanno che un Esercito Europeo richiede la modifica dei Trattati e la costruzione di un impianto istituzionale europeo coerente con questo strumento. Era l’idea – fondamentale e profetica – di Alcide Degasperi della CED ancora nei primi anni cinquanta. Realizzarla comporta oggi un percorso non facile e non breve, benché essenziale. Ma le esigenze di sicurezza e di un ruolo più forte dell’Europa sono impellenti e richiedono soluzioni transitorie e possibili, qui ed ora, che vanno affrontate con coraggio e realismo. 

In conclusione, anche su questi temi sempre più centrali dell’Europa e del suo futuro, l’Italia appare distonica e confusa. Anche su questo terreno si sconta un deficit di consapevolezza e di rappresentanza politica che trova un suo punto focale nella mancanza di una forza autorevole e rinnovata della cultura politica del Popolarismo.