Roma, 21 apr. (askanews) – Una delle spine (ereditata dal passato) del pontificato di Papa Bergoglio è stata certamente quella legata agli abusi e al contrasto della pedofilia. Una “battaglia” che Francesco ha combattuto con diverse armi, da quelle giuridiche a quelle pastorali. Una ferita non guarita nel corpo della Chiesa universale che ha trovato, tra le altre, una sua espressione quasi iconica nel caso legato al gesuita ed artista, padre Marko Rupnik accusato di aver perpetrato abusi fisici e psicologici su alcune religiose, con l’aggravante dell’aver sfruttato anche il suo ruolo di religioso. Una caso ancora aperto che ha messo in evidenza, se non omissioni, certamente sottovalutazioni e colpevoli superficialità. Tra gli strumenti messi in campo per la prevenzione quello della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, istituita presso il Dicastero per la Dottrina della Fede, alla quale proprio Francesco si è rivolto, nel corso di una udienza il 5 maggio 2023, chiedendo di “affrontare le sfide attuali con saggezza e coraggio”.
“Negli ultimi dieci anni abbiamo tutti imparato molto, me compreso! L’abuso sessuale di minori da parte del clero e la sua cattiva gestione da parte dei leader ecclesiastici sono stati una delle sfide più grandi per la Chiesa del nostro tempo”, non si è nascosto in quella occasione il Papa.Una crisi, che è stata messa in luce in ogni aspetto della vita sociale ma che, “però, è particolarmente grave per la Chiesa, perché mina – ha poi voluto sottolineare Francesco- la sua capacità di abbracciare in pienezza la presenza liberatrice di Dio e di esserne testimone. L’incapacità di agire correttamente per fermare questo male e di venire in aiuto alle sue vittime – è la portata della sfida – ha deturpato la nostra stessa testimonianza dell’amore di Dio”.
Da ricordare, tra le iniziative del pontefice argentino, anche l’emanazione del Motu Proprio “Vos estis lux mundi” (VELM), che ora è un regolamento permanente, nel quale si sollecita la predisposizione di luoghi deputati e strutturati per raccogliere le accuse e la cura di coloro che dicono di essere stati danneggiati da abusi. Strutture ormai partite in quasi tutte le diocesi del mondo.
Per comprendere la portata del problema ed il peso che lo steso Papa Francesco ne ha dato, basta ricordare gli innumerevoli interventi ed incontri fatti con le vittime di abusi in ogni parte del mondo e la coscienza, come da lui affermato, che “oggi nessuno può dire onestamente di non essere toccato dalla realtà degli abusi sessuali nella Chiesa, con la consapevolezza che “una cultura della tutela avrà luogo solo se ci sarà una conversione pastorale in tal senso tra i suoi leader”. Un impegno che Francesco ha reputato sempre da implementare “per migliorare le linee guida e gli standard di comportamento del clero e dei religiosi” su questo drammatico fronte.
Ma il pensiero “pastorale” del Papa argentino su questa ferita aperta nella Chiesa è stata forse spiegata ancora meglio, nel corso dell’incontro avuto con i confratelli gesuiti a Budapest in uno dei suoi viaggi pastorali, nell’aprile del 2023. Rispondendo ad una domanda di un padre gesuita sull’argomento, il Papa ha detto: “Come avvicinarci, come parlare agli abusatori per i quali proviamo ribrezzo? Sì, anche questi sono figli di Dio. Ma come si può amarli? La tua domanda è molto forte. L’abusatore va condannato, infatti, ma come fratello. – ha detto Francesco – Condannarlo è da intendere come un atto di carità. C’è una logica, una forma di amare il nemico che si esprime anche così. E non è facile da capire e da vivere”.
“L’abusatore è un nemico. Ciascuno di noi lo sente tale perché ci immedesimiamo nella sofferenza degli abusati. – ha quindi aggiunto Papa Francesco – Quando senti che cosa l’abuso lascia nel cuore delle persone abusate, l’impressione che ne ricevi è tremenda. Anche parlare con l’abusatore ci fa ribrezzo, non è facile. Ma anche loro sono figli di Dio. E ci vuole una pastorale. Meritano una punizione, – ha quindi concluso – ma insieme anche una cura pastorale. Come farlo? No, non è facile”.