Città del Vaticano, 23 apr. (askanews) – Un vecchio adagio ecclesiale recita l’ormai famoso motto: “Al conclave si entra Papi e si esce cardinali” e forse mai come questa volta fotografa una realtà. Anche se è vero che quasi due terzi dei votanti sono stati nominati dal pontefice argentino, quindi ritenuti tra i veri e presunti “bergogliani”, in verità non sembra esserci una figura davvero emergente o indicata anche indirettamente da Francesco. E d’altronde questo non avrebbe rappresentato il suo stile di fare Chiesa.
Quindi, tra i tanti nomi usciti sui media in questi giorni nella lista più o meno lunga dei “papabili”, è difficile fare nomi credibili. Almeno allo stato delle cose, con molti porporati che stanno giungendo a Roma da ogni parte del mondo e alcuni dei quali ancora non si conoscono. Certamente i gruppi nazionali e continentali saranno, almeno all’inizio, tra le piste da seguire. Così come tra i temi che sempre emergono c’è quello dei cosiddetti “riformatori” e dei “conservatori”. Un aspetto questo che con Francesco si è addirittura, se possibile, potenziato. Certamente Bergoglio ha trovato una chiave di lettura nuova e a suo modo rivoluzionare per affrontare in modo diverso una questione altrimenti difficilmente districabile: quello dello stile “sinodale”, un modo di governo della Chiesa basato sull’ascolto e il dialogo e soprattutto non sulle contrapposizioni e le polarizzazioni. Questo sarà uno dei temi – molto probabilmente – al centro del discernimento dei cardinali che dovranno scegliere il nuovo pontefice, vagliando tra quanti hanno abbracciato lo “stile sinodale” e quanti no. E questo già nelle Congregazioni generali pre-Conclave con i primi cardinali, circa una ottantina, già a Roma.
Comunque i nomi più gettonati sembrano quelli già diffusi, che vedono tra i favoriti almeno tre “italiani”: l’ex segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, diplomatico di lungo corso fine tessitore; il più “popolare” cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, che dalla sua parte ha anche la lunga militanza nella Comunità di Sant’Egidio, realtà radicata in molti paesi del mondo dove opera per il dialogo e la solidarietà; e infine il Patriarca di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, salito suo malgrado agli onori della cronaca per l’instancabile lavoro a favore delle popolazioni (in primis quella palestinese) colpite dalla guerra in Medio Oriente.
Tra i cosiddetti “bergogliani” spiccano anche nomi esteri, come l’arcivescovo di Rabat, il cardinale spagnolo Cristóbal López Romero; quello di Marsiglia, Jean-Marc Aveline, molto impegnato sui temisociae e dell’immigrazione; quello di Barcellona, Juan José Omella anche se ormai non più giovanissimo; e tra gli altri nomi altri porporati di Curia – e quindi conoscitori della “macchina” romana – come il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, oppure fautori della sinodalità, come il cardinale Jean-Claude Hollerich, lussemburghese gesuita, relatore del Sinodo sulla sinodalità.