Il pacchetto referendario, che ci chiamerà alle urne nelle prossime settimane, si presenta come un crocevia difficile e complesso, soprattutto per chi, come la nostra associazione Tempi Nuovi – Popolari Uniti, guarda con attenzione al futuro delle riforme e al principio di responsabilità nel riformismo democratico. È per questo che la nostra scelta sarà articolata: quattro no ai quesiti sul lavoro, e un sì convinto al referendum sulla cittadinanza.
Sui quesiti abrogativi delle decisioni del Jobs Act, riteniamo ci sia un equilibrio problematico. Non si tratta di difendere a tutti i costi e in modo acritico una riforma, bensì di non gettare il Paese in un’incertezza ancora più dannosa. Abrogare senza una chiara prospettiva ricostruttiva rischia di aprire un vuoto normativo: cosa torna in vigore? Come si ricostruisce il patto tra impresa e lavoro? Il dibattito rischia di ridursi ad una semplificazione ideologica che non tiene conto dei bisogni reali né della complicata situazione occupazionale di oggi, fatta di chiaroscuri preoccupanti e di inquietanti fessure nel sistema, da cui sempre più facilmente si insinuano le pericolose soluzioni di un parallelo mercato del lavoro offerto dalle mafie.
Diverso è il caso del quesito sulla cittadinanza, che va al cuore dell’idea di democrazia che sosteniamo. La nostra scelta segue un principio di equità, oltre che una visione politica: è un sì alla cittadinanza inclusiva, un sì ai diritti dei minori figli di stranieri nati o cresciuti in Italia. Da tempo chiediamo con forza una riforma più strutturata, che introduca strumenti che ci aiutino a riconoscere nella scuola il luogo di eccellenza della formazione alla cittadinanza reale, e per questo pensiamo allo “ius scholae”.
D’altronde, il tessuto della cittadinanza è fatto dello spirito che lo anima e di ciascun individuo che fin da piccolo in esso si educa e cresce. Il dibattito sulla giustizia politica si muove spesso tra opposti esasperati: da un lato lo stigma dell’irregolarità, dall’altro la retorica della protezione sociale. Ma oggi, con la crisi demografica e le disuguaglianze in crescita, la cittadinanza inclusiva rappresenta non solo un dovere morale, ma l’unico futuro politico e civile auspicabile.
Costruire, e non demolire: Tempi Nuovi è per un voto consapevole e selettivo, che metta al centro la responsabilità di governare i cambiamenti, senza forzarli con ulteriori divisioni.