Antalya, 15 mag. (askanews) – (di Corrado Accaputo) La maggior parte degli Alleati della Nato è pronta a raggiungere l’obiettivo iniziale di una spesa del 2% del Pil per la Difesa nel 2025 e molti Paesi hanno già confermato l’intenzione di andare “molto, molto oltre”. L’annuncio del segretario generale della Nato, Mark Rutte, giunge al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dell’Alleanza ad Antalya, in Turchia. Anche l’Italia ha tagliato questo traguardo e lavora con gli alleati al piano, proposto da Rutte, per portare gli stanziamenti al 5%. Magari con una formulazione che possa prevedere il 3% del Prodotto interno lordo per la Difesa in senso stretto e il 2% per la sicurezza. Antonio Tajani ne ha discusso ieri e oggi nella città turca. Il tema, definito da Rutte “cruciale” ed “essenziale per la sicurezza” dei Paesi membri, è stato al centro dei colloqui presieduti da Hakan Fidan, e il maggiore impegno di molti alleati in questa direzione è stato salutato dal leader della Nato come un passo “nella giusta direzione”. L’aumento della spesa, ha sottolineato il leader dell’Alleanza, sarà “un tema chiave” del vertice dell’Aja dal 24 al 26 giugno.
Rutte ha chiesto da tempo ai membri della Nato di investire il 5% del Pil in spese per la Difesa. In una lettera inviata agli alleati, e condivisa dallo Spiegel, ha precisato inoltre che la ripartizione delle forniture militari dovrebbe essere per il 70% a carico dei Paesi europei e del Canada, per il 30% degli Stati Uniti. E’ evidente dunque che, allo stato attuale, pur apprezzando lo sforzo dei paesi membri, il segretario generale della Nato non può ritenersi soddisfatto. Rutte ritiene che il 2% non sia ancora “affatto sufficiente” e per questo continua a spingere per un ulteriore incremento. La sua proposta, in particolare, prevede un aumento al 3,5% della spesa per la Difesa in senso stretto e un 1,5% in spese per la sicurezza, i cui criteri però andranno negoziati.
Anche il governo italiano sarebbe favorevole a una discussione su questo punto. E il vicepremier Tajani, dopo aver confermato il raggiungimento dell’obiettivo del 2% da parte dell’Italia, in vista di eventuali nuovi investimenti, ha precisato di ritenere che sarebbe “più giusto” destinare un 3% alla Difesa e un 2% alla sicurezza: “sarebbe più equilibrato”, ha detto e potrebbe essere una base di “negoziazione”. “Io credo molto in un sistema di sicurezza più ampio”, ha sottolineato Tajani, spiegando comunque che per raggiungere l’obiettivo fissato dal segretario generale “ci vuole tempo”: “vedremo quali saranno i criteri, come saranno divisi, come sarà diviso questo 5%. Parteciperemo alla discussione e vedremo di continuare comunque a lavorare in questa direzione di una crescita degli investimenti per la sicurezza”, ha commentato.
Il ministro ha comunque ricordato che “il presidente del Consiglio annuncerà ufficialmente il raggiungimento dell’obiettivo” del 2% al vertice dell’Aja dal 24 al 26 giugno. L’Italia ha “già consegnato la lettera alla Nato” che illustra cosa è stato fatto, come si sta procedendo da un punto di vista tecnico e come è stato “raggiunto il 2%”. “Siamo disponibili a lavorare anche per incrementare le spese per la sicurezza”, ha assicurato Tajani, confermando l’intenzione dell’Italia di “fare la sua parte”. Secondo il ministro, “non si tratta di essere né guerrafondai né signori delle armi”, “la sicurezza è qualcosa di molto più ampio” e riguarda “anche infrastrutture cibernetiche, infrastrutture portuali, aeroportuali, ferroviarie, autostradali”. A questo proposito, Tajani ha citato, tra l’altro, la difesa delle frontiere, la difesa dagli attacchi cibernetici, la possibilità per gli ospedali di curare e accogliere popolazioni civili in caso di attacco NBC, la presenza territoriale delle forze dell’ordine, l’attività della Guardia di Finanza per il tracciamento di beni e denari di provenienza illecita. Durante la ministeriale, e nella riunione del Quint (Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia), che ha chiuso la giornata, si è anche parlato di Ucraina. I ministri hanno riscontrato una “sostanziale unità”, anche sul tema della guerra in Ucraina. A questo proposito Tajani ha confermato la posizione italiana: difesa del diritto internazionale, necessità di una pace giusta, sostegno agli sforzi americani per un cessare il fuoco che possa poi portare a un vero accordo per la fine delle ostilità. Il ministro ritiene “fondamentale il coordinamento tra Europa e Stati Uniti per quanto riguarda le sanzioni” alla Russia. Durante il vertice con gli omologhi Marco Rubio, David Lammy, Jean-Noël Barrot e Johann Wadephul, Tajani ha detto “chiaramente” che, sulle sanzioni a Mosca, Europa e Stati Uniti devono avere “lo stesso obiettivo”. Per il ministro, “un coordinamento” tra gli alleati è “fondamentale”: “questa è la via da seguire, perché se vogliamo raggiungere l’obiettivo di convincere Putin a ritirare le truppe, dobbiamo coordinare la nostra azione”, ha detto.
Tajani non è rimasto sorpreso dall’assenza di Vladimir Putin ai colloqui di Istanbul. “La Russia non può e non vuole accelerare i tempi” per mettere fine alla guerra in Ucraina “perché deve riconvertire un esercito di un milione di persone che guadagna il doppio di quanto guadagna un operaio russo e tutta l’industria è orientata alla produzione militare”, ha spiegato. “Putin avrebbe delle ripercussioni sociali non indifferenti”. Di tutto questo il titolare della Farnesina discuterà ancora con il segretario di Stato americano Marco Rubio in un incontro bilaterale a Roma, che dovrebbe avere luogo sabato sera o, al più tardi, domenica prossima, dopo la messa di intronizzazione di Leone XIV.