La netta e articolata presa di posizione del Presidente Mattarella sulla tragica situazione del conflitto israelo-palestinese toglie quasi ogni margine di distanza tra le due manifestazioni previste a Milano e a Roma contro l’iniziativa del governo Netanyahu, e lascia il governo Meloni praticamente nudo nella sua inaccettabile inerzia.
Mattarella, come supremo rappresentante dell’unità nazionale, ha parlato di fronte all’intero corpo diplomatico internazionale accreditato, in occasione della festa della Repubblica. Dunque un’occasione dal forte significato istituzionale.
Il diritto umanitario violato
In primo luogo ha denunciato “il dramma in atto nella Striscia di Gaza e l’inaccettabile rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario”. Ha perentoriamente richiesto un cessate il fuoco e l’accessibilità “dei territori della Striscia all’azione degli organismi internazionali, rendendo possibile la ripresa di piena assistenza umanitaria alle persone…Che venga ridotta alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani, è disumano”.
La vibrante denuncia è stata preceduta dalla ferma condanna del “sanguinario attacco di Hamas contro vittime israeliane inermi, con ostaggi odiosamente rapiti e ancora trattenuti e che vanno immediatamente liberati”.
Due popoli, due diritti, una prospettiva
Il Presidente è poi intervenuto non ripetendo le generiche formule dei due Stati, ma andando alla radice storica del problema: ovvero la coesistenza del diritto di due popoli (quello israeliano e quello palestinese) alla certezza del proprio territorio e della propria sicurezza.
“È grave l’erosione di territori attribuiti all’Autorità nazionale palestinese…i palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi. Questa prospettiva e la sicurezza di Israele, elementi imprescindibili, appaiono gravemente minacciati dalla semina di sofferenza e di rancore prodotta da quanto sta accadendo. Vi si aggiunge l’alta preoccupazione per le manifestazioni di antisemitismo che si riaffacciano nel mondo”.
Il fallimento di Netanyahu e la deriva dei coloni
Un intervento assai complesso e penetrante quello di Sergio Mattarella, cosciente della storia faticosa ed anche violenta che ha portato nel corso del secolo XX alla nascita dello Stato di Israele.
Una lotta di decenni per costruire il proprio spazio di diritto, a lungo animata da figure eccezionali di ispirazione sionista socialdemocratica e/o comunque democratica. Una lotta condotta con azioni di violenza armata e poi con vere e proprie guerre, contro i Paesi arabi circostanti, oltrechè contro il popolo palestinese che condivideva fisicamente gli stessi territori. Se questa lotta e tutta questa storia ha da tempo maturato il pieno diritto al rispetto, al dialogo e all’amicizia, si dovrà però convenire che da alcuni anni i governi di Benjamin Netanyhau hanno del tutto contraddetto tutti gli equilibri costruiti con sforzi immani dall’ONU e dalla comunità internazionale. Il massacro del 7 ottobre 2023 non è in alcun modo giustificabile e deve essere condannato senza riserve.
Tuttavia non si può non sottolineare come da alcuni anni il popolo palestinese fosse sottoposto alla violenza senza limiti dei nuovi coloni che si sono insediati con le armi in pugno, rubando le terre assegnate al popolo palestinese. Continue ondate pianificate di nuovi insediamenti che hanno perduto da tempo l’ispirazione comunitaria e operosa dei kibbutz, per divenire vere e proprie operazioni immobiliari, con investimenti in nuove piccole città. Netanyahu non solo non è stato in grado di difendere il suo paese dalla reazione violenta di Hamas contro questi coloni, ma ne ha sostenuto con determinazione l’iniziativa come se la Palestina fosse un nuovo Far West. E soprattutto perché aveva bisogno dei loro voti per galleggiare alla guida del Paese, dopo aver fallito più tentativi di riformare lo Stato e la giustizia per sfuggire alle pesanti accuse di corruzione grave istruite dalla magistratura.
Il solco di Aldo Moro
Il discorso di Mattarella si colloca a pieno titolo nella migliore tradizione politica rappresentata da Aldo Moro, il quale, con i governi di centro-sinistra, si adoperò a lungo con iniziative multilaterali e bilaterali.
La sua visione: “al conflitto arabo-israeliano non c’è soluzione militare ma politica”, con piena attuazione delle risoluzioni ONU a partire da quella del 1967.
Moro lo ribadì nel 1970 al Senato, ma anche nel 1967 come capo del governo, e in incontri internazionali assieme a Fanfani.
Il vuoto del governo, il dovere dei partiti
Il Presidente della Repubblica, in una fase assai grave delle relazioni internazionali, è costretto a riempire il vuoto più totale del governo Meloni che si rifugia sotto le ali di un atlantismo di facciata, privo di sostanza e senso politico.
Un governo che si è costantemente astenuto all’ONU nel 2023-2024, incapace di prendere posizione per il cessate il fuoco, il riconoscimento della Palestina, la condanna dell’occupazione dei territori.
Tempo scaduto per le ambiguità
Da settimane anche l’Europa si muove, con Francia, Regno Unito e Germania in campo. Le due manifestazioni di Milano e Roma del 6 e 7 giugno, promosse da forze alternative alla destra, appaiono oggi meno distanti.
Il Capo dello Stato ha indicato un orizzonte: ora tocca ai partiti. Serve un governo nuovo, non incollato per convenienza elettorale, ma fondato su una visione comune. Un progetto credibile di politica estera, europea e nazionale, in cui il contributo dei cattolici democratici è indispensabile.
I problemi urgono. Un po’ di tempo c’è, ma non molto.