La suggestione americana e il realismo orientale
Ieri un post de Il Domani d’Italia a proposito della guerra Israele-Iran affermava, con un sottinteso evidente: “Putin e Xi invitano Trump a fermarsi…e Trump si ferma”. Data l’inaffidabilità del personaggio non possiamo essere certi che questa rimarrà la sua posizione, ma l’episodio, ben sottolineato dal post, è assai utile per comprendere qualcosa di più sui rapporti in atto fra le grandi potenze (includendo fra queste pure la Russia, ma solo perché detiene l’arma nucleare: un dato che poco a che fare ha con l’economia ma che purtroppo non si può negare abbia un suo indiscutibile rilievo).
Trump, Putin e l’illusione dell’asse alternativo
Il Presidente USA, nel suo delirio di onnipotenza armato da un ego smisurato, immagina di poter attrarre dalla propria parte Vladimir Putin smarcandolo così dalla tutela (altrimenti definita “amicizia senza limiti”) del leader cinese Xi Jinping. In questi mesi la fallimentare trattativa – che di fatto non si è mai davvero aperta – per un cessate-il-fuoco in Ucraina è stata infatti impostata col palese obiettivo di assecondare l’autocrate del Cremlino e di mettere in difficoltà Volodymyr Zelensky.
Xi e Putin, due interlocutori che conoscono la politica
Ciò che Donald Trump non ha considerato è, da un lato, la “qualità” politica dei suoi due interlocutori, nettamente superiore alla sua. Quelli conoscono assai bene l’arte della trattativa applicata alla politica, arte umana diversa da quella applicata al business commerciale (che è invece quella che il tycoon conosce e adotta) e lo stanno indubbiamente dimostrando.
Dall’altro, non studiando i dossier e neppure leggendoli, ha sottovalutato la “portata” dell’intesa fra Xi e Putin, la quale ha un obiettivo strategico: condurre il “Sud globale”, ovvero la gran parte dell’umanità, a costituire un’alternativa vincente – sotto il profilo economico, finanziario e soprattutto culturale – al dominio dell’Occidente, ormai ritenuto inaccettabile. Anche in quanto esercitato da una minoranza in crisi demografica e valoriale (quest’ultimo in verità è un tema sollevato dal russo più che dal cinese).
La mossa delle Terre Rare e il messaggio simbolico
Quando Trump impone dazi esorbitanti come ha fatto il 2 aprile (salvo poi una loro gestione ondivaga) non si rende conto di aprire un’autostrada soprattutto a Xi, che infatti ha immediatamente visitato Malesia, Vietnam e Cambogia col sorriso e con la proposta di una fattiva cooperazione commerciale. E non si fermerà qui, nel mentre ha minacciato il focoso inquilino della Casa Bianca di interrompere il commercio verso gli USA delle Terre Rare, delle quali detiene il quasi monopolio mondiale e senza le quali la tecnologia americana perirebbe all’istante. Conducendo così il tycoon a più miti consigli.
Trump non ha compreso il segnale simbolico – in politica i simboli contano, eccome – lanciato da Xi Jinping lo scorso 9 maggio con la sua presenza alla parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca in occasione della cerimonia per la Giornata della Vittoria nell’ottantesimo anniversario dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un palco sul quale nessun Capo di Stato occidentale era presente, ma dove quasi altri trenta (provenienti, appunto, dal Sud Globale che sta allargando il progetto BRICS plus) erano lì a celebrare il trionfo sul nazismo conseguito dall’Unione Sovietica prima e più ancora che dagli Stati Uniti.
L’alleanza strategica tiene
E il prossimo 2 settembre Putin restituirà la visita andando a Pechino per presenziare ai lavori dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione e naturalmente i due leader terranno un bilaterale. L’amicizia senza limiti, per quanto ipocrita e ambigua, con uno dei due “amici” nettamente più forte dell’altro e quindi nelle condizioni di dettare l’agenda e la linea, dunque regge. Perché ha, come detto, un obiettivo strategico. Forse a Washington qualcuno è riuscito a spiegarlo a Trump. O forse ha prevalso – al momento – la logica ipernazionalista e isolazionista del movimento MAGA, contraria a qualsivoglia forma di intervento americano all’estero, una dissoluzione di risorse ritenuta nefasta.
Un equilibrio da non rompere
Di certo Pechino e Mosca guardano con preoccupazione alla possibile distruzione del regime iraniano ad opera di Israele con l’aiuto degli Stati Uniti, poiché essa favorirebbe un più forte insediamento occidentale in quell’area del pianeta e indurrebbe il mondo arabo a investire negli Accordi di Abramo e non certo nei BRICS. Conseguentemente, hanno fatto sapere a chi di dovere di non apprezzare affatto un possibile intervento americano.