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domenica, 13 Luglio, 2025
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Il massacro di Srebrenica, trent’anni dall’ultimo genocidio europeo

Roma, 11 lug. (askanews) – A tre decenni dal peggiore genocidio della storia recente, l’Europa ricorda il massacro di Srebrenica in un contesto internazionale ancor più difficile – che non fa che aggravare lo sbiadirsi del ricordo di un evento che i responsabili ancora oggi tentano in ogni modo di far scomparire dalla memoria collettiva del continente attraverso il silenzio.

Ma a partire dall’11 luglio del 1995, nel giro di pochi giorni furono oltre ottomila le vittime di un massacro perpetrato dalle forze serbo-bosniache e che aveva come obiettivo la pulizia etnica della comunità bosniaca musulmana – in un luogo che, presumibilmente, avrebbe dovuto essere sotto la protezione militare del contingente olandese delle Nazioni Unite.

Nei tre anni di guerra precedenti altre migliaia di bosniaci musulmani erano stati assassinati, ma l’entità – e la velocità -del massacro di Srebrenica spinsero finalmente la comunità internazionale ad agire con decisione per porre fine al conflitto. Come ricorda il quotidiano britannico The Guardian, le uccisioni di massa in questa regione della Bosnia avvenero infatti in due ondate principali, la prima nel 1992 sotto forma di una rapida serie di attacchi a sorpresa coordinati contro villaggi e città musulmane.

I sopravvissuti a quei massacri si rifugiarono a Srebrenica, un’antica città mineraria, dichiarata “zona sicura” protetta dalle Nazioni Unite nell’aprile del 1993. Ma i Caschi Blu non intervennero – in quella che è probabilmente la pagina più vergognosa della storia delle forze armate olandesi – e nessuno fu in grado di fermare il genocidio.

Oggi restano le fosse comuni, che continuano ad essere scavate e a restituire vittime: fosse disseminate in altre zone più o meno vicine dalle stesse forze serbe, che cercarono fin dal primo momento di insabbiare l’accaduto rendendo il processo di ricerca a identificazione ancor più difficile.