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venerdì, 18 Luglio, 2025
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Biennale Danza, Twyla Tharp Leone d’oro tra classico e rivoluzionario

Venezia, 18 lug. (askanews) – Due spettacoli di straordinaria eleganza, che nasce da un consapevole intreccio di classico e di innovativo, da una gestione dei linguaggi della danza che sorprende per la freschezza e l’incisività, unendo senza soluzione di continuità, né apparente distanza, il balletto classico, le movenze da musical e della danza contemporanea, con ironia e rigore al tempo stesso. La Biennale Danza di Venezia ha celebrato il suo Leone d’oro alla carriera del 2025, la coreografa statunitense classe 1941 Twyla Tharp, con due spettacoli andati in scena al Teatro Malibran nella prima serata del festival diretto ancora da Wayne McGregor, “Diabelli” e “Slacktide”. Un’ora e mezza di immersione a tratti ipnotica e tratti clamorosamente felice, dentro il mondo dell’artista e dei suoi performer, capaci di muoversi con naturalezza attraverso una serie continua di variazioni di stile.

“Twyla Tharp – ha scritto proprio McGregor – è a dir poco fenomenale. I suoi rivoluzionari contributi all’ecologia globale della danza sono impareggiabili, con un lavoro che mette insieme rigore e gioco, disciplina classica a tecnica del balletto con la danza moderna, e movimenti naturali coin coreografie radicalmente innovative per il palcoscenico e per il cinema”. Parole che sono la traduzione razionale di quello che si è visto a teatro, in un crescendo di sensazioni che alla fine sono diventate difficili da tenere tutte insieme, se non nella grazia apparentemente semplice dei lavori, costruiti con enormi difficoltà tecniche, ma gestiti con la leggerezza di una danza profondamente consapevole.

“Diabelli” è basato su 33 variazioni di Beethoven su Anton Diabelli e i danzatori affrontano continui cambi di prospettiva e di movimento, rapidissimi, costanti. Le atmosfere, pur nell’essenzialità della messa in scena, si susseguono nella diversità. E se può sorprendere questa manifestazione di un Beethoven lontano dalla monumentalità sinfonica, colpisce anche il modo in cui la coreografia segue la musica, a volte in modo anche didascalico, eppure – contestualmente – la anticipa, vive anche nei momenti di silenzio, che non sono attese o passaggi, ma veri spazi dello spettacolo, che danno un suono corporeo e di movimento ai momenti senza suono.

“Slacktide” invece è musicato da Philip Glass, la suite in dieci movimenti “Aguas de Amazonia” arrangiata ed eseguita dal vivo da Third Coast Percussion. Una musica che ha una densità a volte difficile da decifrare, ma che, unita alla coreografia, crea una sensazione di profondità del lavoro, una dimensione quasi di ampliamento dello spazio scenico, che in alcuni passaggi toglie letteralmente il fiato. Si dubita di quello che si vede, che pure vive di una scenografia minimale e di nessun fronzolo: eppure tutto diventa profondo, come se si stesse assistendo a una danza perfetta, ma performata sul fondo del mare, o anche in uno strato psicologico interno a ciascuno degli spettatori, che poi, a ben guardare, potrebbe essere la stessa cosa. E l’ovazione finale del pubblico del Malibran è apparsa la reazione più logica. (Leonardo Merlini)