Ilenya Goss
A partire dalla promessa del Signore ad Abramo ripensiamo l’identità cristiana in piena continuità con la storia dell’Israele biblico non solo dal punto di vista storico, ma per la centralità del dono di Dio e della sua iniziativa a cui risponde l’accoglienza piena di fiducia da parte di Abramo.
Il movimento, il viaggio verso la pienezza della vita è tratto distintivo del rapporto di fiducia tra il Signore e Abramo ed è insegnamento ed eredità oggi per coloro che sono figli della stessa promessa di benedizione. Ebrei e cristiani, sullo stesso tronco della Scrittura e dell’esperienza dell’Israele biblico da cui prendono origine, vivono nel dinamismo della promessa.
Per i cristiani nella vita, nell’insegnamento e nella morte e risurrezione di Gesù di Nazareth il tempo storico è entrato in una nuova fase: la stessa fede da cui siamo generati ci rigenera nella fiducia che anche l’ultimo nemico, la distruzione della morte, la divisione e ogni male, è sconfitto.
Il credente entra in dialogo con ogni essere umano, forte della propria identità, nella gratitudine per la diversità tra i popoli e nel riconoscimento della bellezza del costruire insieme cammini di pace. Abramo come uomo di accoglienza (Mamre Gn 17/18) di una promessa ancora più straordinaria ci insegna a costruire il sogno che il Signore ha già annunciato di voler donare.
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Marco Cassuto Morselli
Inizio da due episodi biblici: la vocazione di Abramo e il momento più drammatico della sua vita, quando crede che Dio gli chieda di sacrificare il figlio Isacco. È possibile che Abramo abbia interpretato le parole rivoltegli secondo la cultura del tempo, che prevedeva l’offerta in sacrificio dei primogeniti, il punto decisivo è però che Isacco non viene sacrificato. Se Abramo non avesse superato la prova e avesse ucciso Isacco non sarebbe nostro padre nella fede. L’episodio si conclude con la solenne benedizione: «Saranno benedette per la tua discendenza tutte le famiglie della terra, perché hai ascoltato la mia voce».
Una pagina così drammatica della Bibbia si presta a un’infinità di considerazioni, ne sottolineo due. La prima è che testi così antichi meritano molto rispetto, non possono essere letti in modo veloce e superficiale, perché si rischiano gravi fraintendimenti. La seconda riguarda il tema del nostro incontro: la speranza. Abramo aveva stretto un’alleanza con l’Eterno, una alleanza eterna, e già alla seconda generazione tutto sembra finire. Ma non è così. La emunah – fede, fedeltà, fiducia – di Abramo non viene meno perché è fondata sulla emunah di Dio.
Nella seconda parte accenno a Nostra Aetate §4 e concludo citando Rav Jonhatan Sacks: «Oggi Dio ci chiama, ebrei, cristiani e musulmani, a liberarci dall’odio e dalla sua predicazione, e a vivere, finalmente, come fratelli e sorelle, fedeli alla nostra fede e ad essere una benedizione per gli altri a prescindere dalla loro fede, rendendo onore al nome di Dio onorando la sua immagine, l’umanità»[1].
[1] Jonhatan Sacks, Non nel nome di Dio. Confrontarsi con la violenza religiosa, trad. di Rosanella Volponi, Giuntina 2017, p. 280.
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Cenap Mustafa Aydin
Nella tradizione islamica, Abramo (Ibrahim, pace su di lui) incarna il viaggio più profondo dell’anima: quello del pellegrino in cerca di verità. Lasciando alle spalle le certezze terrene, egli cammina attraverso il dubbio, interrogando le stelle, la luna e il sole, finché il suo cuore non trova riposo solo in Dio. La sua storia è la nostra storia: un invito a non temere l’incertezza, perché è nel cammino che si incontra la luce.
Ma Abramo non è solo un cercatore solitario: è Khalil Allah, l’Amico intimo di Dio, colui che riceve la divina amicizia per la sua fede incrollabile. E questa amicizia non è confinata al passato. Oggi, Abramo è anche mio compagno di fede, un ponte tra le religioni che mi ricorda come l’amore per l’Unico unisca ebrei, cristiani e musulmani. Nella mia esperienza interreligiosa, ho scoperto che Abramo non è solo una figura religiosa, ma un fratello spirituale che ci chiama a riconoscerci gli uni negli altri, oltre ogni confine.
In questo intervento, esploreremo come il coraggio del pellegrino e la grazia dell’Amico di Dio possano ispirare il dialogo e la fratellanza oggi.
L’incontro si è tenuto presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli ed è stato presieduto da Mons. Derio Oliverio, Vescovo di Pinerolo