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giovedì, 7 Agosto, 2025
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Bce, se Cina dirotta export nell’eurozona un terzo occupati a rischio

Roma, 7 ago. (askanews) – Auto, veicoli e chimica sono i settori più esposti nell’area euro in termini di posti di lavoro a una eventuale ondata supplementare di esportazioni dalla Cina, innescata dal braccio di ferro sui dazi commerciali con gli Stati Uniti. Ma le potenziali ricadute vanno ben oltre: “potrebbero estendersi a quasi un terzo dell’occupazione dell’area”. Lo sostiene uno studio pubblicato dalla Banca centrale europea nel suo ultimo Bollettino economico.

L’analisi, accanto a queste visioni allarmistiche, non giunge a conclusioni perentorie, sostenendo che “nel lungo periodo, l’occupazione totale potrebbe non evidenziare cambiamenti significativi”, dato che l’impatto del maggiore export cinese potrebbe essere compensato con “variazioni salariali e trasferimenti dei lavoratori tra settori”.

Tuttavia, lo studio, intitolato “Implicazioni della crescente concorrenza cinese per l’occupazione nell’area euro” fornisce proiezioni che mostrano la potenziale problematicità della questione. Viene citato l’esempio di “un aumento di 1.000 euro delle importazioni dalla Cina per occupato tra il 2015 e il 2022 in un dato settore: determina, nello stesso periodo, una diminuzione di 0,1 punti percentuali del tasso di occupazione in quel settore. A livello di area dell’euro si tratta di circa 240.000 posti di lavoro che hanno cessato di esistere o hanno subito una riallocazione in settori meno esposti”, si legge.

Le cifre in ballo mostrano la portata del potenziale problema. “Nel 2024 i settori particolarmente esposti alla concorrenza cinese, ossia quelli in cui le importazioni dalla Cina sono aumentate in misura consistente, impiegavano 29 milioni di lavoratori, pari a circa il 27 per cento dell’occupazione totale nell’area euro – si legge -. Secondo i dati relativi all’anno considerato, una quota significativa è riconducibile al settore manifatturiero, in quanto impiega 24 milioni di lavoratori ed è particolarmente esposto agli shock commerciali e alla penetrazione delle importazioni cinesi”.

“Pur non essendo i datori di lavoro più grandi, i settori maggiormente esposti alla maggiore penetrazione delle importazioni cinesi, come i comparti dei veicoli e dei prodotti chimici, sono fondamentali per l’economia dell’area. Il settore dei veicoli rappresenta solo l’1 per cento dell’occupazione totale dell’area, ma contribuisce per quasi il 10 per cento al valore aggiunto reale del settore manifatturiero e per poco meno del 2 per cento al Pil – sottolinea lo studio -. Se si considerano i legami intersettoriali, la rilevanza di tale comparto è pressoché doppia, a dimostrazione della sua vitale importanza”.

“Nel loro insieme i settori dei veicoli e dei prodotti chimici impiegano 4 milioni di lavoratori, pari al 2,5 per cento dell’occupazione totale nell’area dell’euro. Ad altri settori esposti, che includono quelli della carta, delle apparecchiature elettriche e delle materie plastiche, sono riconducibili altri 3 milioni di lavoratori, ossia l’1,7 per cento dell’occupazione totale”.

Tutto questo mentre le importazioni dalla Cina sono già molto aumentate in alcuni settori negli ultimi anni. “I comparti dei veicoli e dei prodotti chimici hanno registrato gli incrementi maggiori di importazioni dalla Cina, cresciuti rispettivamente del 150 e del 140 per cento negli ultimi cinque anni. Anche per altri settori si è osservato un aumento significativo delle importazioni cinesi, ad esempio nei comparti della carta, della stampa e delle apparecchiature elettriche, in ciascuno dei quali l’incremento è stato pari all’85 per cento”. Dati che “evidenziano la portata della penetrazione delle importazioni dalla Cina in un’ampia varietà di settori, dalla manifattura tradizionale alla tecnologia avanzata”.

E ora, secondo l’analisi, “è probabile che l’attuale politica commerciale degli Stati Uniti e l’imposizione di dazi accrescano la concorrenza cinese”. Gli esportatori del Dragone “potrebbero ampliare o cercare nuovi mercati altrove e riorientare in misura crescente gli scambi verso l’Europa”. E questo “potrebbe amplificare la penetrazione delle importazioni dalla Cina nei mercati dell’area dell’euro, comportando difficoltà per i produttori”.

Le imprese dell’area potrebbero ottenere un certo vantaggio competitivo nei mercati statunitensi rispetto alla Cina, dal momento che i dazi imposti dagli Stati Uniti al paese sono relativamente più elevati, ma “è improbabile che ciò compensi le perdite sul mercato interno”.

“Nel complesso, la crescente competitività delle esportazioni cinesi pone sfide significative ai mercati del lavoro dell’area dell’euro. Sebbene al momento l’impatto si concentri in settori quali quelli dei veicoli e dei prodotti chimici, le implicazioni più ampie potrebbero estendersi a quasi un terzo dell’occupazione dell’area – avverte lo studio -. Il riorientamento degli scambi dagli Stati Uniti, insieme alla crescente competitività della Cina in settori a elevato valore aggiunto, suggerisce che le imprese dell’area dell’euro debbano adattarsi a un contesto mondiale sempre più competitivo”.

“Gli shock commerciali possono indurre turbative nel breve periodo e riallocazioni dei posti di lavoro tra settori. Tuttavia, nel lungo periodo, l’occupazione totale potrebbe non evidenziare cambiamenti significativi, dato l’adeguamento dell’economia mediante variazioni salariali e trasferimenti dei lavoratori tra settori. Tuttavia, sfide quali le inefficienze del mercato del lavoro, i costi di aggiustamento e le politiche pubbliche – avverte lo studio – potrebbero causare turbative temporanee prima che il nuovo equilibrio sia raggiunto”. (fonte immagine: European Union).