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Biennale Architettura, un Padiglione svizzero femminista

Venezia 22 ago. (askanews) – Il Padiglione svizzero alla 19a Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, commissionato dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, presenta la mostra Endgultige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt curata dal gruppo Annexe e visitabile all’interno dei Giardini della Biennale fino al 23 novembre 2025. La forma finale sar determinata dall’architetta sul cantiere il principio guida delle curatrici per esplorare l’eredit di Lisbeth Sachs (1914-2002), una delle prime donne architetto in Svizzera. Sachs, contemporanea di Bruno Giacometti, progett la Kunsthalle per l’esposizione svizzera per il lavoro femminile (SAFFA) del 1958 a Zurigo: ” stata un’affermazione di forte indipendenza, che abbiamo sentito il bisogno di raccogliere e fare nostra” hanno commentato le curatrici.

Annexe un gruppo di architette formato da Elena Chiavi, Kathrin Fuglister, Amy Perkins e Myriam Uzor che per il progetto del Padiglione svizzero si avvale della collaborazione integrata nel team dell’artista Axelle Stiefel. Agendo all’incrocio tra architettura e performance, il gruppo integra quanto gi esiste, valorizza e predilige una cultura della costruzione che parte da ci che si ha a disposizione per diventare veicolo per accogliere diverse forme di collaborazione e pratiche edilizie femministe.

Elena Chiavi, curatrice insieme alle altre architette del gruppo Annexe, ha raccontato ad Askanews il progetto: “Per il Padiglione svizzero l’idea era di sovrapporre due architetture per collegare il presente e il passato. Per noi era importante creare un dialogo con l’esistente, con il Padiglione di Bruno Giacometti, integrando e sovrapponendo un’architettura di un’architetta svizzera, Lisbeth Sachs, che ha costruito una Kunsthalle negli anni Cinquanta. Durante le nostre ricerche c’ un dettaglio che ci ha colpito molto in uno dei disegni di Lisbeth Sachs, che affermava che la forma finale viene determinata dall’architetta, al femminile, sul cantiere Endgultige Form wird von der Architektin am Bau bestimmt : per noi stato una forma di referenza nella nostra pratica di come possiamo essere sostenibili e inclusivi alla natura e alle risorse. Questo aspetto inclusivo e innovativo della sua pratica gi negli anni Cinquanta ci ha aiutato molto a chiederci come possiamo ricostruire oggi e come possiamo definire nel processo una forma che poi diventa questo luogo di esposizione. Per noi il futuro dell’architettura o l’interpretazione che abbiamo voluto offrire ai visitatori una pratica collettiva, sociale, dove c’ tanto scambio e c’ tanto ascolto anche per capire di cosa c’ bisogno, di cosa la natura ha bisogno, di cosa hanno bisogno le persone, per avere un processo per concepire un’architettura molto pi inclusiva. C’ anche l’aspetto del suono che molto importante per noi nella nostra pratica: lavoriamo sul processo e abbiamo registrato durante questo ultimo anno e mezzo tutte le discussioni, i dialoghi, i luoghi dove siamo stati, gli incontri con degli attori molto importanti per la realizzazione del padiglione. L’idea era di fare capire al visitatore attraverso questi suoni trasmessi dagli altoparlanti che l’architettura una pratica molto sociale ed quello che abbiamo mostrato nella ricostruzione del padiglione di Lisbeth Sachs”.

Nella mostra del Padiglione Svizzero, le curatrici immaginano come la visione di Sachs avrebbe potuto influenzare il progetto del padiglione oggi. Riprendono il suo approccio per creare una memoria spaziale frammentata e immersiva, che evoca le preoccupazioni estetiche ed etiche tanto del suo tempo quanto del nostro: il cemento si traduce in legno, l’impianto di illuminazione centrale, previsto nel progetto originale, diventa un veicolo acustico di trasmissione tra la generazione di Lisbeth Sachs e quella attuale, ma anche tra concetti architettonici e artistici. La giustapposizione dei due padiglioni crea un design giocoso e dinamico, invitando i visitatori a sperimentare l’architettura come spazio vivo. L’intervento rompe i confini tra interno ed esterno, trasformando lo spazio in un’esperienza multisensoriale.