S’è fatto un gran discutere, in questo ultimo squarcio d’estate, sul destino politico dei cattolici. In bilico tra gli applausi generosamente offerti a Meloni dal meeting di Rimini e i mugugni indirizzati dai cattolici democratici al Pd versione Schlein. Come a dire che il destino degli uni e degli altri sembra racchiuso nella loro reciproca marginalità. Sia che facciano il tifo, sia che si riducano al lamento.
Dopo la Dc: la dispersione dei cattolici
Temo che in tutto questo ci sia qualcosa di fatale. La fine dell’esperienza democristiana infatti ha coinciso con la frammentazione del cattolicesimo impegnato nella sfera politica. Cosa che ha liberato tante energie, si dirà. Ma che a questo punto ha chiuso un’epoca che non andrebbe più evocata con tanta (peraltro inutile) disinvoltura.
Il centro senza bandiere
Altra cosa invece − simile, ma forse non del tutto − è quella che riguarda il destino del centro. Che magari avrebbe potuto guadagnarsi un destino migliore. Ma che allora avrebbe dovuto tenersi strette le proprie bandiere. E invece, una volta preso atto dell’inesorabilità della radicalizzazione politica, ci si è illusi di poterne trarre un piccolo beneficio giocando per così dire sui margini. E cioè finendo nella marginalità.
Resta il fatto che una politica così sbilanciata da un lato verso destra e dall’altro verso sinistra lascia privo di rappresentanza un bel pezzo di paese. Che non merita di finire fuori gioco. Tanto più che i due giochi altrui non sembrano destare tutto l’entusiasmo con cui celebrano i loro (provvisori?) trionfi.
Come a dire, insomma, che il dilemma del centro non è affatto risolto, ma forse non è neppure irrisolvibile.
Fonte: La Voce del Popolo – 4 settembre 2025
Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore nonché del direttore del settimanale della diocesi di Brescia.